Entro quanto tempo si prescrivono i crediti da lavoro?

Se il datore di lavoro non paga il termine di prescrizione per il pagamento della retribuzione è di 5 anni. Oltre vi è prescrizione.

La prescrizione del credito da lavoro dipendente

Può accadere che il vostro datore di lavoro non vi paghi.

Se non succede per la retribuzione ordinaria, può accadere invece per lo straordinario o per le differenze retributive determinare da una diversa mansione, più alta, che comporterebbe un aumento di livello di cui però in busta paga non vi è traccia.

Ebbene, il vostro credito ha una scadenza!

Eh si, perché non è infinito il tempo entro il quale dovrete far valere il vostro diritto. Dovete invece esercitarlo entro un certo periodo, altrimenti non potrete più vantarlo, giungendo quindi alla prescrizione del credito!

Qual’è il tempo massimo?

La Norma che prevede il termine di prescrizione dei crediti da lavoro è l’art. 2948 del Codice Civile che, al numero 4, testualmente menziona come prescrivibili in cinque anni «tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi».

Lo stipendio, infatti, è un credito che si riscuote mensilmente.

Quindi, si hanno a disposizione ben 5 anni per richiedere il pagamento del proprio credito al datore di lavoro. E ciò sia che dipenda appunto da differenze retributive, o retribuzione non versata, o straordinari non onorati, oppure anche il trattamento di fine rapporto.

La prescrizione è di 5 anni

Ma questi 5 anni da quando si calcolano?

In merito l’art. 2935 c.c. sancisce generalmente che «la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere». Ciò significa che la prescrizione decorre ogni mese di lavoro che passa. Ma tale Norma non è esattamente applicata ai crediti da lavoro poiché il lavoratore, trovandosi in una situazione di timore e svantaggio, non potrebbe, per paura di ritorsioni, agire per rivendicare un proprio diritto durante il rapporto di lavoro.

Quindi?

Per tale motivo le Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza n. 1268/1976) hanno statuito era che il dies a quo inerente la prescrizione dei crediti da lavoro non è uniforme, ma varia in base al grado di stabilità del rapporto di lavoro sorto tra prestatore e datore, potendosi avere dunque una prescrizione differita o una prescrizione contestuale alla vigenza del vincolo lavorativo.

Le Sezioni Unite hanno infatti indicato che «è da ritenere stabile ogni rapporto che, indipendentemente dal carattere pubblico o privato del datore di lavoro, sia regolato da una disciplina la quale sul piano sostanziale subordini la legittimità e l’efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze obbiettive e predeterminate e, sul piano processuale, affidi al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilità di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo».

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Per tale motivo il principio cardine che si è determinato è che per le Imprese con meno di 15 dipendenti la prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto, mentre per i lavoratori delle Imprese con più di 15 dipendenti decorre secondo l’art. 2935 c.c.

Anche oggi è così?

E’ da segnalare che tale soluzione con l’avvento del Jobs Act sembra sia mutata ancora una volta e si è in attesa di una decisione. Infatti secondo l’interpretazione dell’Ispettorato del Lavoro per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla stabilità e grandezza dell’Impresa, il dies a quo della prescrizione dei propri crediti è quello della cessazione del rapporto di lavoro. E ciò in ragione della minore tutela che il Jobs Act ha portato.