Truffa: millantare mediazione presso un generico pubblico funzionario

La truffa e il traffico illecito di influenze possono confondersi quando si millanta la propria mediazione presso un pubblico funzionario

truffa

Le norme

Come noto, la fattispecie del “Millantato credito” di cui all’art. 346 c.p. è stata formalmente abrogata dalla L. n. 3/2019 art.1 comma 1, lett. s).

Le medesime condotte già contemplate dall’abrogato art. 346 c.p. sono state riportate nel riformulato e quindi più ampio art. 346 bis c.p. “traffico di influenze illecite” come novellato dall’art. 1, comma 1 lett. t) della stessa Legge n. 3/2019.

Il limite tra le condotte di cui all’art. 346 bis e all’art.640 c.p. è spesso molto sottile, come nel caso in cui si vantino delle conoscenze presso un terzo soggetto al fine di ottenere un indebito vantaggio.

In tali casi infatti, la condotta specifica ed il riferimento al “terzo”, deve essere esaminata dettagliatamente per poter distinguere la configurabilità dell’uno o dell’altro reato.

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Il caso

Recentemente, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n.26437 del 08/06/2021, si è occupata di un caso specifico da cui è stata tratta una massima molto importante: “Commette truffa chi per ottenere indebito vantaggio patrimoniale millanti di esercitare mediazione presso pubblico funzionario indicato in termini generici”

Il caso riguarda un imputato che, al fine di ottenere denaro per “favorire l’accesso alla Scuola Vaticana”, aveva affermato di intercedere presso una “persona influente” in Vaticano, persona non meglio precisata e di cui non era stato possibile accertare se questa rivestisse, alla stregua della legislazione di quello Stato, cioè Città del Vaticano, una funzione corrispondente a quella di un pubblico agente.

Secondo la Corte, “il fatto, è stato correttamente qualificato come truffa ricorrendone tutti gli elementi costituivi ed in particolare, la peculiarità del raggiro, caratterizzato da vanterie, esplicite od implicite, di ingerenze e pressioni esercitabili dal millantatore nei confronti del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio nonché la stessa falsa qualità attribuitasi dall’imputato, presentatosi come diacono, per rendere più credibile la propria mediazione ed ottenere l’illecito vantaggio patrimoniale conseguito con corrispondente danno subito dalla vittima.”

Pertanto, integra il reato di truffa e non quello di millantato credito – oggi confluito nella fattispecie di traffico di influenze – la condotta di chi, al fine di ottenere un indebito vantaggio patrimoniale, millanti di esercitare la propria mediazione presso un pubblico funzionario, che indichi in termini talmente generici da non essere certo il riferimento ad un soggetto che rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, né potendosi risalire alle mansioni dallo stesso esercitate.