Collocamento minori: la madre permissiva non tutela l’interesse

Se la madre è permissiva per mancanza di interesse nell’educazione del minore non fa l’interesse dello stesso e rischia il collocamento

Con l’ordinanza n. 30191/2019, la Corte di Cassazione Civile ha rigettato un ricorso di una mamma che lamentava il provvedimento stabilito dalla Corte d’Appello in merito al collocamento della figlia minorenne, presso il padre a motivo della condotta tenuta dalla madre con la figlia stessa.  Era emerso infatti, che il padre è il genitore in grado di assicurare alla minore una stabilità educativa e di vita maggiore rispetto alla madre, la quale risultava nel giudizio più distante emotivamente e più permissiva nella strategia educativa.

Vicenda giudiziale: la madre permissiva non può avere il collocamento

La Corte d’Appello rigetta il reclamo avanzato da una mamma contro il decreto del Tribunale dei Minorenni che ha disposto il collocamento della minore in via preferenziale presso il padre, in quanto maggiormente adatto a tutelare il superiore interesse del minorenne, previa disposizione dell’affidamento della bambina ai Servizi sociali del Comune.

Il ricorso in Cassazione conferma il collocamento al padre

La madre pertanto ricorre in Cassazione, ove propone le sue doglianze:

  • nel primo motivo dell’impugnazione infatti, ravvede un contrasto con il significato di “interesse superiore della minore” attribuito dal decreto, considerato che secondo orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione la collocazione dei figli minori presso la madre fosse da privilegiare.
  • Nel secondo motivo fa invece presente che il giudice del gravame non avrebbe potuto esercitare poteri istruttori con una decisione di disporre così una relazione dei servizi sociali, dovendosi attenere a quanto già accertato.
  • Nel terzo infine fa presente che il decreto impugnato non ha tenuto conto della centralità della figura materna che emerge dalla relazione e che supporta la sfera emotivo-relazionale e sociale del minore.

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La decisione della Suprema Corte rigetta le doglianze

La Cassazione rigetta il ricorso avanzato dalla madre dichiarando inammissibile primo motivo di ricorso in quanto: “in

 tema di affidamento dei figli è orientamento consolidato di questa Corte che il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa la capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché alla personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione”. ”

La Corte d’Appello, pertanto, ha deciso per la collocazione della minore presso il padre perché genitore più capace di garantire alla stessa maggiore regolarità e stabilità. Il padre, a differenza della madre, molto più permissiva e distante emotivamente dalla bambina, segue uno stile educativo più costante e interessato al benessere della minore. La stessa figlia sarebbe ben inserita dal punto di vista relazionale e affettivo nella famiglia paterna e conserverebbe con il padre un rapporto assolutamente solido e positivo.

Infondato il motivo che contesta i poteri istruttori del giudice del rinvio, il quale ha legittimamente compiuto una nuova valutazione visto che l’affidamento dei minori è materia che deve essere valutata sulla base della rapida evoluzione delle dinamiche familiari.

Inammissibile anche il terzo motivo poiché richiederebbe un giudizio di merito che non si può (e non necessità neppure) ridiscutere.