Se il Toro è sterile: inadempimento per consegna di “aliud pro alio”

Se il Toro da monta è sterile non offre alcun beneficio economico all’acquirente e c’è inadempimento da parte del venditore

toro

Il toro bufalino

Un animale è un essere vivente e resta tale indipendentemente dalla sua capacità riproduttiva. Oppure no?

Se il Giudice di merito ha escluso la configurabilità della ipotesi di aliud prio alio per il fatto che il toro venduto si era rivelato sterile, osservando che l’animale resta tale anche in mancanza di capacità riproduttiva, e comunque può trovare diverse utilizzazioni, non è dello stesso parere la Suprema Corte di Cassazione.

Con la sentenza n.28419 del 19/12/2013, la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla vendita di un toro da monta della specie “bufalino”, il cui ambito proprio di utilità, secondo i ricorrenti, è quello dell’ingravidamento delle bufale.

Aliud pro alio

La Corte ha così argomentato la ritenuta sussistenza dell’inadempimento contrattuale per consegna di “aliud pro alio”.

Secondo il costante indirizzo di questa Corte, in tema di compravendita, vizi redibitori e mancanza di qualità (le cui relative azioni sono soggette ai termini di decadenza e di prescrizione ex art. 1495 c.c.) si distinguono dall’ipotesi della consegna di aliud pro alio – che dà luogo ad un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale svincolata dai termini e dalle condizioni di cui al citato art. 1495 c.c., la quale ricorre quando la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura e, quindi, sull’individualità, consistenza e destinazione di quest’ultima sì da potersi ritenere che essa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione dell’acquirente di effettuare l’acquisto, o che presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziali dalle parti (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economico-sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto […].

Lo stabilire se si versi in tema di consegna di aliud pro alio o di cosa mancante di qualità, di cosa affetta da vizi redibitori, involge un giudizio di fatto devoluto al giudice del merito: pertanto in sede di legittimità il controllo della Corte deve limitarsi a stabilire se il giudice di appello, nell’esprimere il proprio giudizio di fatto, si sia attenuto ad un corretto criterio di distinzione tra le accennate diverse ipotesi.

Nella specie tale conformazione è mancata, avendo la Corte territoriale sostenuto la ricorrenza della figura giuridica dell’aliud pro alio nelle sole ipotesi di consegna di cosa diversa da quella pattuita, pur concedendo che tale diversità possa consistere anche nella mancanza nella merce venduta delle qualità minimali necessarie per un suo qualsiasi utile impiego: per tale via giungendo alla conclusione della non configurabilità, nel caso sottoposto al suo esame, della predetta figura posto che il toro per cui è causa restava tale pur se privo di capacità riproduttiva, potendo trovare altre utilizzazioni, a cominciare dall’uso alimentare per altri esseri viventi.

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Ciò ha fatto senza peraltro considerare che pacificamente la qualità necessaria ad adempiere la funzione economico-sociale in vista della quale il contratto era stato concluso era proprio la fecondazione delle bufale: funzione cui il toro consegnato si rivelò inidoneo.

Nè decisivo risulta in contrario l’argomento, valorizzato dalla Corte di merito, secondo il quale la vendita di animali è espressamente disciplinata dall’art. 1496 cod.civ., alla stregua del quale la garanzia per vizi è regolata in primo luogo dalle leggi speciali, e, in mancanza dagli usi locali, ovvero, ove questi non provvedano, dagli usi locali. E’, infatti, nozione di comune esperienza che proprio negli usi concreti del mercato l’acquisto di un toro sia finalizzato alla riproduzione.”