Se la ex moglie non si attiva per cercare una occupazione, pur essendone capace, può perdere o vedersi ridurre l’assegno divorzile
L’assegno di mantenimento all’ex: automatico?
La Corte di Cassazione con l’ordinanza, n. 3661/2020, fornisce un importante orientamento per la determinazione della misura dell’assegno in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La moglie inerte rischia l’assegno
Nell’ordinanza i giudici di Piazza Cavour, hanno infatti specificato che è da ritenersi congrua una riduzione dell’assegno di divorzio se la moglie, una volta intervenuta la cessazione degli effetti civili del matrimonio, con la sentenza di divorzio, non si attiva nella ricerca di un lavoro, mantenendo uno status di inerzia, persistendo ed insistendo sul patrimonio del marito su cui grava l’onere che non trova però giustificazione.
Secondo quanto pronunciato dagli Ermellini infatti, rilevano in maniera preminente “le capacità dell’ex coniuge di procurarsi i mezzi di sostentamento e le sue potenzialità professionali e reddituali, piuttosto che, le occasioni concretamente avute dall’avente diritto di ottenere un lavoro; infatti se la solidarietà post coniugale si fonda sui principi di autodeterminazione e auto-responsabilità, non si può che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali, che l’ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista, di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro, riversando sul coniuge più abbiente, l’esito della fine della vita matrimoniale.”
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Seconda ordinanza conferma la necessità di attivarsi
A sostegno della predetta ordinanza, vi è poi l’ordinanza n. 3662/2020, la quale chiarisce che, nel nello stabilire la misura dell’assegno da elargire all’ex coniuge, occorre considerare anche dell’inadeguatezza dei mezzi o dell’impossibilità oggettiva da parte del richiedente, di procurarsi autonomamente i mezzi necessari, a tal proposito si legge infatti che “ai sensi della l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la l. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro di cui si deve tener conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.
Conclusioni
Insomma la Suprema Corte in questi casi, determina specificatamente i casi in cui l’assegno può non essere dovuto o, quanto meno, debba essere ridotto.