Lo scarico di acque reflue industriali ex art. 137 del D.Lgs. n. 152 del 2006 non si configura “sempre”
Il decreto e il caso
La tutela delle acque dall’inquinamento è disciplinata principalmente dal D.Lgs. n. 152 del 2006.
In particolare, gli articoli 103 e 104 del predetto decreto si occupano rispettivamente del “divieto di scarichi al suolo” e “divieto di scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee”, stabilendo all’art. 137 le relative “sanzioni penali”.
In riferimento a tali fattispecie, la Cassazione, III sezione penale, con la sentenza n. 18385 del 12.05.21 ha affrontato un caso specifico in cui uno sversamento industriale, sebbene non autorizzato, è stato comunque ritenuto inidoneo a configurare il reato di sversamento senza autorizzazione ex art. 137 D.Lgs. n. 152 del 2006 perché qualificabile come “evento non ragionevolmente prevedibile provocato da negligenza del soggetto agente”.
Nel caso sottoposto alla Corte infatti, non era emerso uno scarico secondo la definizione data dalla norma, ma più genericamente si trattava della rottura del condotto che portava alla rete fognaria.
La definizione di scarico è infatti indicata dall’art. 74 lett. ff) del d.lgs. 152/2006 che disone: per scarico si intende “qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114”
I rifiuti e lo scarico
Inoltre, la Corte ha rilevato che nella sentenza impugnata l’oggetto dello sversamento era stato definito come “rifiuti liquidi” o più genericamente “reflui”, con riferimento insufficiente circa la provenienza dalla condotta fognaria.
La qualificazione dello scarico deve infatti essere effettuata in termini di certezza, perché lo sversamento può essere relativo sia ad acque industriali che ad acque reflue domestiche.
La definizione di acque reflue industriali è indicata all’art 74 lett. h) del medesimo decreto che definisce appunto le acque reflue industriali “qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;”
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Mentre alla lettera g) “sono acque reflue domestiche le «acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche”
La Suprema Corte ha quindi ritenuto inapplicabile al caso la sanzione di cui all’articolo 137 d.lgs. 152/2006.
L’art. 137 così dispone al primo comma: “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l’arresto da due mesi a due anni o con l’ammenda da 1.500 euro a 10.000 euro.”