Il Condominio è un Consumatore per la Giurisprudenza? Vediamo….

Gran parte della Giurisprudenza ha statuito che il Condominio è un consumatore. Ma vi sono argomentazioni a contrario. Quali sono?

Il Condominio è un consumatore?

Il Condominio è ritenuto da molti non un consumatore, ma un centro d’imputazione di rapporti giuridici non riferibili uti singuli ai condomini. Di ciò si trova riscontro tanto a livello normativo, quanto nella prassi applicativa.

Ad esempio il D.M. 23 dicembre 1976 del Ministero delle finanze, che all’art. 1 recita «le persone fisiche, le persone giuridiche e le società, associazioni ed altre organizzazioni di persone o di beni prive di personalità giuridica sono iscritte all’anagrafe tributaria secondo appositi sistemi di codificazione». Al successivo art. 8 esplicita come si compone il codice fiscale di soggetti diversi dalle persone fisiche. Tra questi soggetti bisogna includere il condominio. Ed ancora, il D.P.R. n. 600 del 1973 che tra i sostituti d’imposta indica espressamente il condominio.

Ben più evidente è la differenziazione giuridica tra condomino e condominio in una circolare ministeriale secondo cui «per i condomini con non più di quattro condomini, qualora non si è inteso nominare l’amministratore, le ritenute dovranno essere effettuate da uno qualunque dei condomini che, utilizzando il codice fiscale del condominio medesimo, provvederà ad applicare le ritenute alla fonte, ad effettuarne i relativi versamenti e a presentare la dichiarazione dei sostituti d’imposta per le ritenute, i contributi e i premi assicurativi».

Già solo queste disposizioni di carattere fiscale rendono palese una netta separazione della sfera giuridica del condomino singolarmente inteso, dal condominio complessivamente considerato.

Quindi cos’è il Condominio?

In pratica, ciò che emerge è che i condomini, i quali si interessano delle vicende del condominio, lo fanno per una entità giuridica da loro separata, per quanto ne siano partecipi e ne subiscano indirettamente le conseguenze.

Andando poi ad analizzare le norme del codice civile che regolamentano la vita ed il funzionamento del condominio, ci accorgiamo in modo ancor più chiaro di come il condominio sia un centro d’imputazione di rapporti giuridici distinto (e in alcuni casi distante) dai suoi componenti e partecipanti.

Cosa ce lo fa pensare?

Infatti, gli artt. 1129, 1135 e 1137 c.c. permettono di comprendere immediatamente l’importanza dell’assemblea di condominio, quale organo del condominio, completamente differenziato dei singoli partecipanti.

La volontà assembleare, che si concretizza e manifesta nelle deliberazioni, ha un quid pluris rispetto alle volontà dei singoli condomini che concorrono a formarla.

La dimostrazione ce la dà l’art. 1137 c.c., che al primo comma dice che le deliberazioni sono vincolanti per tutti i condomini.

Il fatto che il rispetto delle maggioranze imposte dalla legge consegni tale forza vincolante al deliberato assembleare, la dice tutta sulla distinzione tra condomino e condominio ed avvicina la compagine condominiale a quella di altri soggetti giuridici diversi dalle persone fisiche.

La disciplina applicabile

Altre Norme ci sono?

Proseguendo su questa analisi, ancor più significativo è l’art. 1129 c.c. che disciplina nomina e revoca dell’amministratore che, in condizioni di normalità, è materia di competenza esclusiva dell’assemblea.

L’amministratore – che è reputabile essere l’organo esecutivo del condominio ed ha tutta una serie di compiti, doveri e poteri – svolge il proprio mandato nell’esclusivo interesse del condominio e, solo per relationem, dei singoli condomini. D’altronde la riscossione coattiva dei crediti effettuata contro un condomino moroso non è certamente un atto compiuto nell’esclusivo interesse di costui.

Le Sezioni Unite ritengono che l’amministratore «rappresenta i singoli condomini». Proprio in questo assunto è possibile rintracciare il limite di una simile impostazione e la necessità di riconoscere dignità giuridica al soggetto condominio.

L’amministratore è, dunque, il rappresentante legale del condominio in quanto nominato dall’assemblea. Il rapporto di mandato si instaura con l’assemblea quale organo deliberante del condominio e non con i singoli condomini.

D’altra parte, non potrebbe essere diversamente stante il fatto che la nomina dell’amministratore è fatta con la maggioranza e spiega i suoi effetti anche nei confronti di chi non ha votato l’amministratore in carica.

Continuando, sarebbe logicamente assurdo poter pensare che l’amministratore, quale mandatario dei singoli partecipanti al condominio, possa avere, nello svolgimento delle funzioni, il potere/dovere di promuovere ogni utile azione di recupero crediti o addirittura di poter proporre una causa contro uno dei suoi rappresentanti. È evidente che sarebbe potenzialmente, e costantemente, in una insanabile posizione di conflitto d’interessi.

Solo queste?

Infine, vi è l’art. 1138 c.c. che, nel disciplinare forme e limiti del regolamento condominiale non fa altro che attribuire al condominio (per mezzo della sua assemblea) la facoltà di attribuirsi un vero e proprio statuto. È evidente, allora, che in questo contesto la formulazione dell’art. 1131 c.c. («ha la rappresentanza dei partecipanti») relativa all’amministratore, possa essere foriera di interpretazioni scorrette.

Tuttavia, un’attenta analisi dell’intera vicenda condominiale regolata dal codice civile e dalle altre leggi, presuppone l’esistenza di un centro di imputazione autonomo rispetto ai singoli partecipanti.

Viene confermato dalla Corte di Cassazione?

La Corte di Cassazione ha confermato tale assunto con la sentenza 19663/2014, affermando per il Condominio l’esistenza di una «soggettività giuridica autonoma», di un soggetto di diritto distinto dai suoi partecipanti.

La legge 220, evidenziano i giudici di legittimità, darebbe, inoltre, dei cenni in tal senso. Basti considerare l’obbligo dell’amministratore di tenere distinta la gestione del patrimonio del condominio dal patrimonio personale suo o degli altri condomini (articolo 1129, n. 4 del Codice civile); la costituzione di un fondo speciale per coprire i costi per i lavori di manutenzione straordinaria (sempre articolo 1135, n. 4); la previsione secondo la quale, in tema di trascrizione, per i condomini è necessario indicare l’eventuale denominazione, ubicazione e il codice fiscale (articolo 2659, comma 1).

Pertanto «se pure non è sufficiente che una pluralità di persone sia contitolare di beni destinati ad uno scopo perché sia configurabile la personalità giuridica (si pensi al patrimonio familiare o alla comunione tra coniugi), e se dalle altre disposizioni in tema di condominio non è desumibile il riconoscimento della personalità giuridica in favore dello stesso, riconoscimento dapprima voluto ma poi escluso in sede di stesura finale della legge n. 220 del 2012, tuttavia non possono ignorarsi gli elementi sopra indicati, che vanno nella direzione della progressiva configurabilità in capo al condominio di una sia pure attenuata personalità giuridica, e comunque sicuramente, in atto, di una soggettività giuridica autonoma» (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 18 settembre 2014, n. 19663).

Occorre inoltre dare atto che, in sede giudiziaria, l’assunto secondo il quale il condominio debba essere considerato un consumatore ha trovato forti opposizioni.

Quindi?

Argomento dominante è la circostanza che l’amministratore del condominio è munito di specifiche competenze professionali e di un rilevante potere negoziale e deve essere necessariamente considerato un professionista.

In altri termini, l’amministratore ha una piena capacità tecnica e giuridica idonea per comprendere la portata delle clausole contrattuali, contrattare e decidere se accettare o meno una specifica regolamentazione contrattuale. Sicché, da tale premessa, conseguirebbe che al condominio non potrebbe essere applicata la disciplina di tutela del consumatore.

La tesi in parola, peraltro, è avvalorata dalla circostanza che il legislatore richiede una sempre maggiore professionalità agli amministratori di condominio.

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Difatti, la riforma del 2012, introducendo l’art. 71 bis nelle disp. att. c.c., ha subordinato l’attribuzione dell’incarico di amministratore alla sussistenza di precisi requisiti di formazione e di onorabilità. Né va sottaciuto che, specie nei casi di supercondomini particolarmente complessi, l’amministrazione condominiale sovente è affidata a società operanti nel settore dotate di specifiche competenze in materia.

Fermo restando quanto sopra e quindi la non configurabilità del Condominio quale consumatore, si sottolinea anche quanto segue.

Qual’è la risposta?

Qualora si affermasse che il Condominio fosse un ente di gestione, non è chiaro perché possa affermarsi che la compagine possa essere considerata indistintamente un consumatore, posto che al condominio possono partecipare società di persone e di capitali, imprenditori e professionisti, e può essere formato interamente da imprenditori e professionisti.

Affermare che il condominio sia un consumatore sempre e comunque è pertanto errato e per considerarlo tale non si può prescindere da una valutazione caso per caso.