L’inserimento di nella clausola di interessi a tasso variabile in un contratto di mutuo non determina l’automatica nullità della stessa
La principale censura mossa dalla clientela nei confronti degli istituti di credito riguarda la pretesa nullità per contrarietà a norme imperative della clausola contrattuale che prevede l’utilizzo dell’Euribor quale parametro per la determinazione del tasso applicabile a mutui a tasso variabile, derivati, obbligazioni bancarie e corporate, e titoli di debito. Tale clausola sarebbe infatti in contrasto con il disposto di cui all’art. 2 della legge n. 287/1990 che vieta, a pena di nullità, “le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti”, inter alia, nel “fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali”.
In altri termini, viene fatta valere una sorta di nullità derivata, fondata sull’assunto che l’Euribor sia espressione di un accordo di cartello tra gli istituti di credito, e che dunque anche le relative clausole di indicizzazione contenute nei contratti stipulati a valle di tale accordo dovrebbero ritenersi nulle per violazione della normativa posta a tutela della concorrenza.
A tal proposito, la giurisprudenza ha innanzitutto avuto modo di precisare che “il tasso finito praticato non è determinato dal solo Euribor ma da indice + spread”, con la conseguenza che appare inesatto affermare che l’Euribor è frutto di un accordo di cartello per “fissare direttamente o indirettamente i prezzi”, vietato dall’art. 2 della legge n. 287/1990.
È stato altresì osservato che, sebbene talune cautele presidino l’Euribor contro il rischio di manipolazioni ad opera di uno o più degli attori del mercato interbancario, la manipolazione del tasso è possibile, come dimostrato dalle indagini compiute dalla Commissione Europea sfociate nelle decisioni menzionate da parte avversa.
Ciò precisato, i Tribunali di merito hanno chiarito le condizioni che devono sussistere ai fini dell’accoglimento delle domande di nullità proposte dagli utenti, rilevando che la nullità della clausola di determinazione degli interessi del contratto a valle non può affatto darsi per scontata ma presuppone che venga fornita la prova: a) dell’esistenza dell’intesa restrittiva; b) dell’illiceità della stessa mediante allegazione dell’accertamento, in sede amministrativa, dell’intesa anticoncorrenziale; e c) della connessione tra questa ed il contratto a valle.
La posizione assunta dalla giurisprudenza di merito
In tale panorama, particolarmente interessante risulta altresì la posizione assunta dal Tribunale di Milano che, con le sentenze nn. 9708 e 9709 del 27 settembre 2017, ha rigettato le domande attoree di nullità delle clausole attinenti la pattuizione degli interessi mediante il richiamo all’indice Euribor, ritenendo che “i destinatari diretti delle norme antimonopolistiche” asseritamente “violate dal cartello posto in essere dalle banche” sono solo gli imprenditori commerciali del settore di riferimento e non anche i singoli utenti”; questi ultimi, infatti, “potrebbe(ro) trarre vantaggio in fatto, solo in via riflessa ed indiretta, dai generali benefici della libera concorrenza di mercato, ma non possono ritenersi direttamente investiti della legittimazione a dolersi di asserite violazioni poste in essere… da un gruppo di imprese … bancarie”. Pertanto, “ai fini della nullità delle clausole di richiamo all’interesse Euribor … non vi è alcuna possibilità per i singoli utenti … di effettuare un collegamento tra le (asserite) intese anticoncorrenziali tra gli imprenditori bancari e … l’invalidità dei contratti che a quelle intese facciano riferimento (ad esempio, proprio per la determinazione degli interessi)”. Infatti, “la sanzione della nullità” prevista dalla normativa antitrust “riguarda … esclusivamente le intese tra le imprese restrittive della libertà di concorrenza … e non si applica, invece, ai contratti … conclus(i) con terzi … sulla base di dette intese”. Inoltre, “poiché il diritto comunitario e quello nazionale nulla dispongono in ordine agli effetti dell’illecito anticoncorrenziale sui contratti conclusi dalle imprese con i clienti, il giudice può applicare ad essi solo le sanzioni eventualmente previste dal diritto interno” e, “al riguardo, l’ordinamento interno non prevede alcuna sanzione di nullità delle clausole di richiamo dell’indice Euribor”.