Non è illegittima la capitalizzazione degli interessi relativa al rapporto di apertura di credito, correlato al conto corrente
In questi ultimi anni sono sorti numerosi contenziosi di natura bancaria in ordine alla asserita illegittimità delal copitalizzazione degli interessi di conto corrente nel caso in cui vi sia un rapporto di apertura di credito, anche di natura ipotecaria.
Recenti pronunzie dei giudici di merito (una per tutte: Tribunale di Sondrio Tribunale di Sondrio, 12 marzo 2019, n. 529), che hanno affrontato diverse tematiche nell’ambito di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo hanno respinto la tesi, secondo la quale la capitalizzazione periodica degli interessi non potrebbe mai avere ad oggetto una apertura di credito, anche qualora il contratto di conto corrente sul quale il finanziamento risulti appoggiato contenga la clausola di pari periodicità di liquidazione degli interessi attivi e passivi.
Tale eccezione viene spesso sollevata dai correntisti, ma è priva di pregio, in quanto non tiene conto del naturale collegamento esistente tra apertura di credito e conto corrente di corrispondenza.
Si riporta, per maggiore chiarezza, il passaggio della sentenza in commento: “si osserva come comunemente nella pratica viene aperto dal cliente un “conto corrente di corrispondenza”, che costituisce la forma attuale del conto corrente bancario ed ha natura di “contratto innominato misto”: fattispecie complessa risultante dal collegamento negoziale tra il rapporto di conto corrente e gli altri rapporti su di esso regolati. La Suprema Corte (sent. N. 25943 del 5 dicembre 2011) definisce infatti il conto corrente di corrispondenza come un rapporto caratterizzato dall’esplicazione di un servizio di cassa, in relazione alle operazioni di pagamento o di riscossione di somme da effettuarsi, a qualsiasi titolo, per conto del cliente e la disponibilità sul conto può essere costituita con versamento di somme, con accrediti sul conto od anche con intervento da parte della banca – che può assumere il carattere di un’apertura di credito in senso proprio o di una concessione temporanea di credito – il quale costituisce, nella complessità del rapporto, una prestazione accessoria rispetto a quella principale di mandato, non eccedente dai relativi limiti, né contraria ai principi di correttezza e buona fede”.
Per tale ragione, gli interessi e la relativa capitalizzazione inerenti al correlato rapporto di apertura di credito sono legittimi.
Se questo è senza dubbio l’aspetto più pregnante della sentenza, la decisione è altresì degna di nota nella parte in cui evidenzia come sia onere di parte opponente specificare le doglianze sollevate con riguardo alle contestazioni mosse e, più in generale, agli oneri applicati dalla banca, non potendosi la stessa limitare a formulare contestazioni di stile, ma dovendo indicare con precisione gli importi ritenuti indebitamente contabilizzati ed il motivo della presunta illegittimità.
In difetto, il Giudice non può dare ingresso all’eventuale consulenza tecnica d’ufficio che venisse richiesta e deve rigettare integralmente le domande, come è avvenuto nel caso in esame.