Quando viene proposta la domanda di divorzio congiuntamente dalle parti non si può decidere di ritirarla unilateralmente
Nell’ordinanza n. 19348 del 7 luglio 2021, la Corte di Cassazione affronta la questione dell’efficacia sul giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio richiesto su ricorso congiunto e della successiva revoca del consenso da parte di uno dei coniugi.
I fatti
La Corte di appello di Venezia rigettava l’appello proposto da un uomo nei confronti della sentenza del Tribunale di Verona, che aveva accolto il ricorso di divorzio da lui proposto congiuntamente alla moglie, nonostante che egli non avesse volutamente sottoscritto il verbale dell’accordo e a tal motivo avesse espresso la volontà di revocare il proprio consenso.
Impossibile nel divorzio congiunto ritirare la domanda unilateralmente
In sede di gravame, viene confermata la decisione di primo grado, che escludeva la possibilità di revocare il consenso all’accordo in maniera unilaterale in un ricorso che conserva una natura appunto congiunta, in ogni tempo. L’ex marito ricorre in Cassazione, lamentando che i giudici dell’impugnazione non si erano pronunciati sulla dedotta assenza del presupposto di una «domanda congiunta».
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La decisione della Corte
La Suprema Corte, costatando l’infondatezza della domanda, osserva che:
- per orientamento costante qualora sia stata proposta istanza congiunta di divorzio, la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi non comporta l’improcedibilità della domanda. Ciò comporta che il Tribunale deve provvedere ugualmente all’accertamento dei presupposti per la pronuncia richiesta e nel caso di esito positivo della verifica, all’esame delle condizioni concordate dai coniugi presentate. Ove queste risultino conformi alle norme inderogabili e dagli interessi dei figli minori, non si ravvisa il motivo per far cadere l’interesse;
- La domanda congiunta di divorzio dà luogo ad un procedimento che si conclude con una sentenza costitutiva, nell’ambito del quale l’accordo sotteso alla relativa domanda riveste natura meramente ricognitiva, per lo scioglimento del vincolo coniugale, mentre ha valore negoziale in relazione alla prole ed ai rapporti economici. Pertanto, la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi risulta: irrilevante sotto il primo profilo, in quanto il ritiro della dichiarazione ricognitiva non preclude al Tribunale il riscontro dei presupposti necessari per la pronuncia del divorzio, ed inammissibile sotto il secondo, dal momento che la natura negoziale e processuale dell’accordo intervenuto tra le parti in ordine alle condizioni di suddetta cessazione degli effetti civili del matrimonio ed alla scelta della forma procedurale da seguire, non contempla la possibilità di successivi ripensamenti di una sola delle parti, configurandosi la fattispecie non già come somma di distinte domande di divorzio o come adesione di una delle parti alla domanda dell’altra, ma come iniziativa comune e paritetica, rinunciabile soltanto se vi è consenso e volontà di ambo le parti.