Frazionamento del credito: vediamo quando è illegittimo

Frazionamento del credito: le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell’ambito di una relazione unitaria tra le parti.

Frazionamento del credito: è legittimo proporre azioni diverse relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo?

La Cassazione civile, sezione II con sentenza n. 24172 pubblicata in data 8.9.2021 ha enunciato il seguente principio di diritto: “le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inserivano nell’ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia…”

Quando non opera il divieto di frazionamento del credito?

La Cassazione precisa che “tale divieto processuale non opera quando l’attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell’ambito della suddetta relazione unitaria le parti.
La Suprema Corte ha stabilito che “la violazione dell’enunciato divieto processuale è sanzionata con l’improponibilità della domanda, ferma restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ai sensi dell’art. 104 c.p.c., con tutte le altre domande relative agli analoghi crediti sorti nell’ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti”.

Il caso posto all’attenzione della Cassazione.

La sentenza riguarda l’opposizione proposta da una Società contro trentotto decreti ingiuntivi che l’avvocato aveva ottenuto dal Giudice di Pace di Roma per il pagamento di prestazioni professionali svolte in favore della medesima Società, sulla base di diversi incarichi espletati per conto della medesima.

La motivazione della sentenza

La Cassazione ha esaminato la sentenza S.U. n. 23726 del 2007 che ha affermato il principio per cui non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di proporre plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo.
Si è posto, tuttavia, il problema se il principio così affermato, debba, o meno, trovare applicazione nella diversa ipotesi in cui siano state proposte distinte domande per far valere pretese creditorie diverse ma derivanti da un medesimo rapporto contrattuale, quale fonte unitaria di obblighi e doveri per le parti e produttivo di crediti collegabili unitariamente alla loro genesi, e cioè la volontà delle parti di stipulare un contratto, specie quando si tratta di controversie (recuperatorie di crediti) promosse a rapporto concluso, quando, cioè, il complesso di obbligazioni derivanti dal contratto è ormai noto e consolidato.

Sezioni Unite sentenza n. 4090 del 2917

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 4090 del 2017, si sono pronunciate sul punto ed hanno affermato che, in linea di principio, le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi.

Tuttavia, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale, le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.

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Conclusione

In conclusione, il principio enunciato nella sentenza delle Sezioni Unite n. 4090 del 2017 va inteso, come afferma la sentenza Cass. n. 24172/2021 con la duplice specificazione che:

  • l’espressione “medesimo rapporto di durata” deve essere letta in senso storico/fenomenologico: alla parola “rapporto” va, cioè, assegnato non il significato tecnico-giuridico di coppia diritto/obbligazione derivante da una della cause elencate nell’art. 1173 c.c., bensì il significato di relazione di fatto realizzatasi tra le parti nella concreta vicenda da cui deriva la controversia;
  • nell’espressione “medesimo fatto costitutivo“, l’aggettivo “medesimo” va letto con riferimento non all’identità ma alla qualità, e quindi non come sinonimo di “identico” ma come sinonimo di “analogo”.

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Dunque, le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo – in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi – non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell’ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia. Tale divieto processuale non opera quando l’attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell’ambito della suddetta relazione unitaria tra le parti.