Recuperare un credito si può. E ciò attraverso un ricorso avanti al Tribunale e corredato dalla documentazione comprovante le proprie ragioni.

Il Codice Civile prevede all’art. 633 c.p.c. che “Su domanda di chi è creditore di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna: 1) se del diritto fatto valere si dà prova scritta; 2) se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo; 3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata….”
Quindi, è possibile richiedere al Giudice l’emissione di un provvedimento che ordini al debitore il pagamento del proprio credito.
Cosa si intende per prova scritta?
Vengono considerate prove scritte, secondo l’art. 634 c.p.c. “…. idonee a norma del numero 1) dell’articolo precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal Codice civile. Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture.”

La fattura è prova scritta?
Nel caso di mancanza di prova scritta, quindi, il decreto ingiuntivo non può essere emesso. Dalla Giurisprudenza, quindi, le mere fatture non sono titolo idoneo per l’emissione del decreto ingiuntivo (Cass. Civ. sez. III del 17.11.2003 n. 17371). Sul punto la Cassazione ha ritenuto che: “la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contatto, s’inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, e si struttura secondo le forme di una dichiarazione, indirizzata all’altra parte, avente ad oggetto fatti concernenti il rapporto già costituito; quando tale rapporto, per la sua natura o per il suo contenuto, sia oggetto di contestazione tra le parti, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, non può, attese le sue caratteristiche genetiche, assurgere a prova del contratto…” (Cass. Civ. sez. II del 28.04.2004 n. 8126).
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Quando viene emesso provvisoriamente esecutivo?
Il successivo articolo 642 c.p.c. dispone che: “Se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell’opposizione. L’esecuzione provvisoria può essere concessa anche se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ovvero se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere; il giudice può imporre al ricorrente una cauzione. In tali casi il giudice può anche autorizzare l’esecuzione senza l’osservanza del termine di cui all’articolo 482.”
In ragione di tale Norma, quindi, il decreto ingiuntivo sarà emesso provvisoriamente esecutivo in tali specifici casi. Il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è un provvedimento adatto a dare seguito immediatamente ad un pignoramento.