Si tratta di un fenomeno molto diffuso negli ultimi anni soprattutto tra gli adolescenti. Il termine sexting deriva dall’inglese sex (sesso) e texting (messaggiare)
Che cos’è il sexting?
Con la parola sexting si intende l’attività di scambio di messaggi audio, immagini o video a sfondo sessuale autoprodotti dagli stessi minori che avviene attraverso le chat di social network e smartphone. Vediamo le implicazioni e conseguenze legali.
Che succede quando si perde il controllo sulla diffusione delle immagini o dei video sul web?
La diffusione dei social network e l’enorme amplificazione che i medesimi consentono fa sì che in caso di messa in rete di immagini e video e/o di diffusione in chat se ne perda il controllo.
In molti casi non si può più parlare di sexting, ma si possono avere:
- “revenge porn”, nel caso in cui le immagini vengono utilizzate ledendo la dignità e la reputazione ad esempio di un ex a scopi vendicativi
- “cyberbullismo” nel caso di pressione psicologica nei confronti del soggetto al fine della diffusione delle immagini sempre con l’obiettivo di ledere la reputazione della persone ritratta;
- “sextorted” quando si utilizzano le immagini ed i video come forma di ricatto
I comportamenti tipici del sexting possono poi configurare reati pedopornografici, quando se ne perde il controllo.
Vediamo come la giurisprudenza ha trattato il problema.
I c.d. sexting primario e sexting secondario
Secondo quanto affermato dalla sentenza n. 51815 del 2018 delle S.U. della Cassazione si può ritenere che la giurisprudenza di legittimità abbia, nella sostanza, seppure implicitamente, legittimato il c.d. sexting primario, ossia l’invio di immagini o video autoprodotti dagli stessi minori che abbiano raggiunto l’età della libertà sessuale.
Nel caso in cui si consideri lecito il materiale pedopornografico così prodotto si potrebbero creare dei vuoti di tutela, per gli effetti che potrebbero conseguirne .
I rinvii interni contenuti nella disposizione codicistica di contrasto alla pedopornografia non rendono agevole la repressione penale della eventuale cessione o diffusione successiva dei materiali pedopornografici a soggetti estranei alla loro produzione (il c.d. sexting secondario).
La sentenza n. 51815 del 2018 delle S.U. della Cassazione e l’accertamento della diffusione del materiale pedopornografico
Le Sezioni Unite hanno stabilito che “in tema di pornografia minorile, non sussiste l’utilizzazione del minore, che costituisce il presupposto del reato di produzione di materiale pornografico di cui all’art. 600-ter c.p., comma 1, nel caso di realizzazione di immagini o video che abbiano per oggetto la vita privata sessuale di un minore, che abbia raggiunto l’età del consenso sessuale, nell’ambito di un rapporto che, valutate le circostanze del caso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell’autore, sicché la stesse siano frutto di una libera scelta e destinate ad un uso strettamente privato.”
Non è più necessario l’accertamento del pericolo concreto
Le Sezioni Unite hanno altresì stabilito che “ai fini dell’integrazione del reato di cui all’ articolo 600-ter, comma 1, n. 1, del codice penale, con riferimento alla condotta di produzione di materiale pedopornografico, non è più necessario l’accertamento del pericolo concreto di diffusione del suddetto materiale, visto il mutato quadro normativo sovranazionale e nazionale, a partire dalla legge n. 38 del 2006, e il mutato contesto sociale e tecnologico di riferimento”.
Coerenza con il quadro normativo sovranazionale
Le Sezioni Unite hanno anche ritenuto che la soluzione interpretativa adottata sia coerente con il quadro normativo sovranazionale, a nulla valendo la considerazione che il legislatore nazionale non abbia previsto alcuna esimente per la pedopornografia c.d. domestica, rispetto alla rilevanza penale della pornografia minorile, come invece consentito dagli strumenti giuridici sovranazionali, in particolare:
– dalla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali, del 25 ottobre 2007, nota come Convenzione di Lanzarote,
– Direttiva dell’Unione Europea 2011/93 contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile.
La Cassazione Sez.3, n. 5522 del 21/11/2019, dep. 12/02/2020 e l’ irrilevanza dell’uso privato del materiale ai fini della configurabilità dei reati di divulgazione, diffusione e cessione
La pronuncia richiamata ha stabilito che la sussistenza del reato presupposto di produzione di materiale pedopornografico non sarebbe necessaria ai fini dell’integrazione dei reati di divulgazione, diffusione e cessione.
Non avrebbe dunque rilevanza il fatto che la produzione di tale materiale possa risultare scriminata per essere una realizzazione pedopornografica ad uso privato del tutto lecita.
In tal modo si configurerebbe l’impossibilità per il minore ultraquattordicenne di prestare un valido consenso alla cessione o diffusione del materiale a persone diverse dai protagonisti dell’attività sessuale ivi riprodotta.
Qual è il confine di liceità della produzione di materiale pornografico coinvolgente minori che hanno raggiunto l’età per esprimere il consenso sessuale?
Il consenso all’atto sessuale prestato dal minore ultraquattordicenne (e anche dal tredicenne nei casi di cui all’art. 609-quater c.p., comma 4,) non include affatto il consenso alla riproduzione in immagini digitali, o di altro tipo, dell’attività a connotazione sessuale posta in essere dal minore stesso nell’ambito della sua autonomia sessuale.
Corte di Cassazione : la sentenza n. 25334 del 22.04.2021 sul consenso del minore
La Corte di Cassazione con la sentenza n 25334 del 22.04.2021 ritiene che vada messo in dubbio che il minore possa essere ritenuto in grado di prestare un valido consenso alla documentazione della propria vita sessuale, né il legislatore ha provveduto a delimitare con precisione i confini di una possibile liceità di tale documentazione, facendosi carico di una riflessione circa i rischi di diffusività della documentazione digitale e la necessaria consapevolezza di tali rischi che dovrebbe essere connessa alla maturità raggiunta dall’ultraquattordicenne.
Sembra invece che debba escludersi, anche tenuto conto delle indicazioni delle fonti sovranazionali vincolanti, che tale materiale pedopornografico possa lecitamente superare la sfera dell’esclusivo uso privato dei protagonisti coinvolti nell’attività sessuale, e pare perciò che il minore ultraquattordicenne non possa prestare un valido consenso alla cessione, diffusione e divulgazione di tale materiale.
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Il parere della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione è del parere che non si possa riconoscere in capo ad un minorenne, neppure se ultraquattordicenne, la capacità a prestare il consenso alla diffusione di tale materiale pedopornografico, ovvero alla sua cessione da parte di terzi, siano essi pure identificabili nel partner coinvolto nell’attività di tipo sessuale riprodotta nel materiale stesso.
Ciò in considerazione dei rilievi già svolti in tema di interesse protetto dalle disposizioni incriminatrici e della tutela del “superiore interesse del minore”, quale ricavabile dagli strumenti sovranazionali.
Pedopornografia domestica
La tematica della c.d. pedopornografia domestica deve essere esaminata nell’ambito della relazione interpersonale (nel caso esaminato, affettiva tra un adulto ed un minore ultraquattordicenne) nella quale non siano stati accertati elementi di “differenziale di potere” e nemmeno siano emerse condotte induttive nei confronti del minore alla riproduzione delle immagini attinenti alla vita sessuale dello stesso.
Espresse le considerazioni sopra riportate la Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite.
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Quesito posto alle Sezioni Unite dalla Sentenza Cassazione penale sez. III, 22/04/2021, n.25334
Il quesito posto è il seguente: “Se il reato di cui all’art. 600-ter c.p., comma 1, n. 1, risulti escluso nell’ipotesi in cui il materiale pedo-pornografico sia prodotto, ad esclusivo uso privato delle persone coinvolte, con il consenso di persona minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, in relazione ad atti sessuali compiuti nel contesto di una relazione affettiva con persona minorenne che abbia la capacità di prestare un valido consenso agli atti sessuali, ovvero con persona maggiorenne”