Pignoramento dello stipendio: cosa c’è da sapere

Il pignoramento dello stipendio incontra dei limiti rispetto al pignoramento di altri crediti

Il pignoramento dello stipendio non può essere superiore ad 1/5 delle somme corrisposte dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di retribuzione, a meno che non si tratti di crediti di natura alimentare. Dunque, il datore di lavoro, una volta ricevuto l’atto da parte del creditore, è obbligato ad accantonare le somme mensili sino all’esito della procedura esecutiva.

Nel caso in cui il creditore chieda l’assegnazione delle somme, il datore di lavoro è obbligato a corrispondere le somme accantonate e le somme mensili direttamente al creditore entro 20 giorni dalla notifica dell’ordinanza di assegnazione.

Nel caso in cui il creditore rinunci oppure non iscriva a ruolo la procedura esecutiva, in assenza di un provvedimento di svincolo o di una dichiarazione di mancata iscrizione a ruolo della causa, il datore di lavoro è obbligato a trattenere le somme, le quali potranno essere svincolate solamente a seguito della notifica di questi ultimi due atti.

Per ciò che concerne invece il pignoramento presso il conto corrente bancario di un lavoratore, occorre distinguere a seconda delle ipotesi in quanto non tutte le somme sono aggredibili. Difatti l’art. 545 c.p.c. prevede che “[…] le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonchè a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonchè dalle speciali disposizioni di legge […]”.

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Ciò significa che, nel caso in cui sul conto corrente del lavoratore vi siano somme inferiori al triplo dell’assegno sociale, il pignoramento è inefficace. Nel 2021 è stato chiarito, con circolare INPS, che l’importo dell’assegno sociale è pari ad € 460,28 e ciò significa che, nel caso in cui le somme sul conto corrente del lavoratore siano inferiori ad € 130,84, tali somme non possono essere corrisposte al creditore.

L’inefficacia del pignoramento può essere rilevata d’ufficio anche dal Giudice.