Quando l’ex coniuge ha diritto a percepire l’assegno divorzile secondo la Corte di Cassazione a Sezioni Unite. Le ultime pronunce.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2480/2019 ha ribadito i principi enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018 secondo cui è dovuto l’assegno divorzile.
Secondo la Suprema Corte, all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa. Quest’ultima discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.

Qual’è questa funzione?
La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, quindi, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Vengono così applicati i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.
Il giudizio deve essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Ciò sia in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, siadi quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.
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Cosa dice la Corte di Cassazione?
Infatti, fermo che la norma dell’art. 5 della Legge 1° dicembre 1970 n. 898 al comma 6 recita che “… il Tribunale … dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la nota sentenza del 11 luglio 2018, n. 18287, nel ritenere la preminenza della funzione equilibratrice-perequativa dell’assegno di divorzio, ha chiarito che “… il parametro sulla base del quale deve essere fondato l’accertamento del diritto ha natura composita, dovendo l’inadeguatezza dei mezzi o l’incapacità di procurarli per ragioni oggettive essere desunta dalla valutazione, del tutto equiordinata degli indicatori contenuti nella prima parte dell’art. 5, comma 6, in quanto rivelatori della declinazione del principio di solidarietà, posto a base del giudizio relativistico e comparativo di adeguatezza. Pertanto, esclusa la separazione e la graduazione nel rilievo e nella valutazione dei criteri attributivi e determinativi, l’adeguatezza assume un contenuto prevalentemente perequativo-compensativo che non può limitarsi né a quello strettamente assistenziale né a quello dettato dal raffronto oggettivo delle condizioni economico patrimoniali delle parti. Solo così viene in luce, in particolare, il valore assiologico, ampiamente sottolineato dalla dottrina, del principio di pari dignità che è alla base del principio solidaristico anche in relazione agli illustrati principi CEDU, dovendo procedersi all’effettiva valutazione del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio comune e alla formazione del profilo economico patrimoniale dell’altra parte, anche in relazione alle potenzialità future. La natura e l’entità del sopraindicato contributo è frutto delle decisioni comuni, adottate in sede di costruzione della comunità familiare, riguardanti i ruoli endofamiliari in relazione all’assolvimento dei doveri indicati nell’art. 143 c.c. Tali decisioni costituiscono l’espressione tipica dell’autodeterminazione e dell’autoresponsabilità sulla base delle quali si fonda, ex artt. 2 e 29 Cost. la scelta di unirsi e di sciogliersi dal matrimonio”.
Quindi?

Per la concessione del beneficio, non è più sufficiente che si verifichi una situazione significatamene sperequativa, e cioè che uno dei coniugi versi in una condizione di debolezza economica tale da non potersi permettere autonomamente un tenore di vita autonomo e dignitoso, anche se totalmente diverso da quello che aveva in costanza di matrimonio. E’ invece necessario che lo squilibrio economico sia eziologicamente ricollegabile alle decisioni adottate in sede della costruzione della comunità familiare, orientate al conseguimento della realizzazione in campo professionale da parte dell’ex coniuge ed a discapito dell’istante. Solo in questo caso vi è tra i coniugi una situazione di divario che giustifica il diritto alla concessione di un assegno divorzile in favore della parte istante.