Il gestore che trattiene i proventi del gioco commette il reato di peculato

La Suprema Corte ha ritenuto la sussistenza del reato di peculato per il gestore che trattenga tutti i proventi del gioco

Il reato

Il peculato è disciplinato dall’art. 314 c.p.: Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi.

Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.

Si tratta essenzialmente della condotta riconducibile all’appropriazione indebita che viene però commessa da specifici soggetti come il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio.

Recentemente però la configurazione di tale reato è stata ritenuta sussistente anche nella condotta del gestore che trattenga i proventi dell’attività di gioco, quindi un soggetto prima facie diverso dal pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.

La sentenza n. 6087 del 16 febbraio 2021

La Suprema Corte di Cassazione Penale, a Sezioni Unite, ha infatti pronunciato la sentenza n. 6087 del 16 febbraio 2021 stabilendo che: “integra il reato di peculato la condotta del gestore o dell’esercente degli apparecchi da gioco leciti di cui all’art. 110, sesto e settimo comma, TULPS, che si impossessi dei proventi del gioco, anche per la parte destinata al pagamento del “PREU” (prelievo unico erariale), non versandoli al concessionario competente.”

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Più precisamente, si legge in sentenza: “il Tribunale qualificava il legale rappresentante della società … nel suo ruolo di gestore per conto della società concessionaria, come incaricato di pubblico servizio, per la sua attività di perseguimento dell’interesse pubblico, che riteneva esercizio di “attività amministrativa in senso oggettivo”: l’attività di raccolta degli incassi dei giochi, per la parte spettante all’Amministrazione, ovvero le quote destinate a PREU nonché al pagamento del canone di concessione alla AAMS, andava considerata quale attività di maneggio di denaro pubblico”.