Misure alternative alla detenzione: cosa e quali sono

Le misure alternative alla detenzione sono finalizzate ad una funzione di risocializzazione del reo e reinserimento dello stesso

misure alternative alla detenzione

Le misure alternative alla detenzione forniscono l’opportunità di un percorso di crescita orientato al reinserimento del condannato nella società civile, in ottemperanza dell’articolo 27 della Costituzione. Incidono sulla fase esecutiva della pena principale detentiva e ne esplica i presupposti e le modalità di applicazione la legge 26 luglio 1975, n. 354.

Quali sono

Si tratta delle seguenti misure alternative alla detenzione previste dalla norma:

  • l’affidamento in prova ai servizi sociali,
  • la semilibertà,
  • la liberazione anticipata,
  • la detenzione domiciliare.

 

Affidamento in prova ai servizi sociali

L’affidamento in prova ai servizi sociali è previsto e disciplinato dall’articolo 47 del Dpr n. 354/1976 e stabilisce per pene detentive che non superino i tre anni, il condannato possa accedere all’affido ai servizi sociali fuori dell’istituto detentivo ove si trova o è destinato, per un periodo uguale a quello della pena da scontare.

Il provvedimento viene adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta per almeno un mese in istituto, nei casi nei quali si può ritenere che questa soluzione contribuisca alla rieducazione del reo stesso e possa garantire un deterrente su futura recidiva.

Il servizio sociale è tenuto a monitorare la condotta del soggetto aiutandolo a reinserirsi nella società dal quale lui stesso si è avulso a causa della sua condotta delittuosa. Le risultanze sono da questi riportate periodicamente al magistrato di sorveglianza.

A colui che sconta la pena in prova al servizio sociale dando prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, come da risultanze e da controllo del servizio, può essere concessa la detrazione di pena della quale all’articolo 54 (che consiste in 45 giorni di pena detratta per ciascun semestre di pena scontata).

Regime di semilibertà

Da gli articoli 48 e seguenti dell’Ordinamento Penitenziario,  viene disciplinata la semilibertà che consiste nella possibilità per il condannato e per l’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto.

I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni  di istituti ordinari e spesso indossano abiti civili.

Può essere così scontata la pena che prevede reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale.

Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà dopo l’espiazione di almeno metà della pena.

L’internato può essere ammesso in ogni tempo, però, nei casi previsti dall’articolo 47, se mancano i presupposti per l’affidamento in prova ai servizi sociali, il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell’articolo 4 bis può essere ammesso al regime di semilibertà anche prima dell’espiazione di metà della pena.

Per lo specifico caso poi, di un condannato all’ergastolo, lo stesso può essere ammesso al regime di semilibertà dopo avere espiato almeno venti anni di pena.

L’ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi rilevati nel percorso, quando vi sono le condizioni per un graduale e controllato reinserimento del soggetto nella società.

Ad ogni modo negli articoli citati sono dettagliate le condizioni specifiche di accesso in ciascuna situazione prevista dall’Ordinamento Penitenziario per l’accesso alla semilibertà.

Liberazione anticipata

Prevista dall’articolo 54 della Legge n. 354/1975, la liberazione anticipata stabilisce la possibilità che venga concessa al condannato  che abbia dato prova di partecipazione la progetto reinseritivo, la possibilità che si possa anticipare il suo rientro nella società.

Consiste in una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata, compreso periodo di custodia cautelare, di detenzione domiciliare o di affidamento in prova al servizio sociale.

Detenzione domiciliare

Particolarmente conosciuta come misura alternativa alla detenzione, definita dall’art. 47 ter della L. n. 354/1975, la detenzione domiciliare consiste nella possibilità di espiare la pena della reclusione nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza.

Quanto riscontriamo dalla norma 47 ter, la pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall’articolo 4-bis della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza nè sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale.

La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, nei seguenti casi:

  • donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente.
  • Padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, con madre deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole.
  • Persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano assistenza medica costante.
  • Persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente.
  •  Persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.

Al condannato, al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale, può essere concessa la detenzione domiciliare se la pena detentiva inflitta, anche se costituente parte residua di maggior pena, non supera tre anni.

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Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dall’articolo 284 del codice di procedura penale.

Quando viene predisposta dal magistrato la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, qualora pertanto ne abbia accertato la disponibilità da parte delle autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica per l’osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici.

La detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure.

E’ inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1 bis.

Il condannato che, essendo in stato di detenzione domiciliare, si allontana dalla stessa, è punito ai sensi dell’articolo 385 del codice penale.

Se la misura di cui al comma 1 bis è revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura.