Assegno di Mantenimento: Con ordinanza n. 18785/2021 la Cassazione ha stabilito il limite al diritto di mantenimento del figlio che non fa nulla per raggiungere l’autosufficienza
La vicenda
Ad impugnare nel giudizio in esame, è un uomo che ricorre per ottenere la modifica delle condizioni di mantenimento stabilite tra gli ex coniugi.
Otteneva pertanto la revoca dell’assegno a favore della ex moglie che nel frattempo aveva instaurato una nuova convivenza more uxorio.
Inoltre otteneva la revoca dell’obbligo di mantenimento a favore della figlia per le seguenti ragioni attenzionate: l’età della ragazza, la poca propensione allo studio e lo scarso impegno nel costruire un progetto per il futuro: in particolare all’opportunità mostratasi di proseguire l’attività commerciale del padre, non aveva mostrato alcun interesse.
La questione seguita in giudizio sino al ricorso in Cassazione.
La revoca dell’assegno corrisposto al figlio maggiorenne
La Suprema Corte, con l’ ordinanza n. 18785/2021 ritiene che in sede di gravame abbia correttamente illustrato le motivazioni della revoca dell’assegno a favore della figlia maggiorenne.
La valutazione sull’inerzia della ragazza nel cercare un’occupazione e sull’assenza di un progetto formativo, nonché sulla mancanza di interesse nello sviluppare un progetto per il futuro, ivi compreso quello di poter portare avanti o rinnovare attività di famiglia.
Gli Ermellini richiamano a tal proposito la recente giurisprudenza ( Cass. Civ. 5088/2018; Cass. Civ. 12952/2016; Cass. Civ. 1783/2020) secondo la quale l’obbligo di mantenimento a beneficio dei figli, sussiste solo nel caso in cui non abbiano ancora raggiunto l’autosufficienza reddituale, ma, a differenza del passato, tale “attesa” non può essere infinita.
A determinarne il solco temporale (di qui il termine dei tren’anni individuato nella sentenza 1783/2020 prima richiamata), è quella fase della vita nel quale si possa constatare che la mancanza di occupazione, o una occupazione poco remunerativa e pertanto non emancipante, non sia causata unicamente da una causa esterna (fermo del mercato del lavoro assoluto, crisi economica generale), bensì da una mancanza di intraprendenza (pur in questo caso di specie in presenza di strumenti per attuarla) oppure di spirito di adattamento.
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A questo punto, secondo l’orientamento espresso più volte dalla Corte, il sussidio economico sarebbe più umiliante che benefico.
Infatti, se è vero che sussiste l’obbligo di mantenere i figli è parimenti vero che non è nel suo interesse psico-fisico e sociale che il genitore alimenti un suo atteggiamento nullafacente.
In relazione alla mancanza di un progetto formativo nel caso in esame, i giudici di Piazza Cavour avevano già statuito che: “la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell’obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società” (Cass. Civ. 12952/2016).
E’ invece rilevante ai fini dell’avvalorare l’orientamento della Suprema Corte, quanto ritenuto dalla stessa già dal 2016, in merito alla decadenza del diritto, qualora questo non sia più un sussidio che coopera alla realizzazione autodeterminazione del figlio ma una misura assistenziale dove lo stesso trae il profitto che invece potrebbe guadagnarsi.
Leggiamo infatti che: “Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne cessa non solo quando il genitore onerato dia prova che il figlio abbia raggiunto l’autosufficienza economica, ma anche quando lo stesso genitore provi che il figlio, pur posto nelle condizioni di addivenire ad una autonomia economica, non ne abbia tratto profitto, sottraendosi volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata e corrispondente alla professionalità acquisita” (Cass. civ. n. 1858/2016).