Responsabilità del “blogger” per i commenti diffamatori postati da terzi

Il blogger non ha la stessa responsabilità dell’internet provider, lo afferma la Cassazione penale con la sentenza n. 12546 del 2018.

Responsabilità del blogger

Il caso

Il “blogger” aveva mantenuto consapevolmente nel “blog” (termine che deriva dalla contrazione di web e log, “ diario di rete”) lo scritto offensivo di un terzo a commento di una lettera pubblicata dalla persona offesa fino all’oscuramento intimato dall’autorità giudiziaria ed eseguito dal “provider”.
In seguito a tale condotta sia in primo che in secondo grado era stato condannato per il reato di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma 3, c.p.p
Le questioni affrontate dalla sentenza della Cassazione richiamata sono:

  1. l’applicabilità o meno all’amministratore del blog della normativa prevista per l’internet provider;
  2. la sussistenza del dolo per la mancata rimozione dei contenuti lesivi da parte del blogger

Responsabilità del blogger

In merito alla prima questione

L’art. 15 direttiva 2000/31/CE (recepito dal D.Lgs. n. 70 del 2003, art. 17), prevede che: ” Nella prestazione dei servizi di cui agli artt. 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.“.
E’ stata quindi sancita l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza ex ante per i providers.
In particolare, i providers non sono responsabili, in linea generale, quando svolgono servizi di c.d. mere conduit (art. 12), caching (art. 13) e hosting (art. 14).
Si tratta, in pratica, del ruolo svolto dall’access provider, irresponsabile per il contenuto delle informazioni trasmesse telematicamente qualora ricorrano tre condizioni, tutte negative:

  • non dia origine alla trasmissione;
  • non selezioni il destinatario della trasmissione;
  • non selezioni nè modifichi le informazioni trasmesse.;

Fin quando il provider si limita ad un ruolo passivo di mera trasmissione tecnica, senza restare coinvolto nel contenuto delle informazioni che transitano tramite il servizio offerto, non può essere ritenuto responsabile del contenuto medesimo.

Però anche i providers rispondono degli illeciti posti in essere in prima persona.
Ad esempio il c.d. content provider, ossia il provider che fornisce contenuti, risponde direttamente per eventuali illeciti perpetrati con la diffusione dei medesimi.

Differenza tra internet provider e amministratore di blog

La Cassazione esclude che si possa applicare la stessa disciplina ai bloggers e agli internet providers considerata la differenza tra le due figure.
Infatti l’amministratore di blog mette solo a disposizione degli utenti una piattaforma sulla quale si interagisce attraverso la pubblicazione di contenuti e commenti su temi nella maggior parte dei casi proposti dallo stesso blogger.
Il blog è gestito quale sito personale ed è concepito principalmente come contenitore di testo aggiornabile in tempo reale grazie ad apposito software.
Quindi, il singolo intervento (pensiero, contenuto multimediale, ecc.) inserito dal blogger consiste in un post e l’applicazione utilizzata permette di creare i nuovi post identificandoli con un titolo, la data di pubblicazione e alcune parole chiave (tag).

Qualora l’autore del blog lo permetta, ovvero abbia configurato in questa maniera il blog, al post possono seguire i commenti dei lettori del blog.
Orbene, qualora il blogger dovesse esser ritenuto responsabile per tutto quanto scritto sul proprio sito anche da altri soggetti, sarebbe ampliato a dismisura il suo dovere di vigilanza, ingenerando un eccessivo onere a carico dello stesso.
Certamente, però, quando il blog sia stato implementato di alcuni filtri nella pubblicazione dei contenuti, per evitare conseguenze penali il gestore è tenuto a vigilare ed approvare i commenti prima che questi siano pubblicati.

Va quindi esclusa una responsabilità personale del blogger quando questi, reso edotto dell’offensività della pubblicazione, decide di intervenire prontamente a rimuovere il post offensivo.

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In merito alla seconda questione

In tema di diffamazione, il “blogger” risponde del delitto nella forma aggravata, ai sensi del comma 3 dell’art. 595 c.p., sotto il profilo dell’offesa arrecata «con qualsiasi altro mezzo di pubblicità», per gli scritti di carattere denigratorio pubblicati sul proprio sito da terzi quando, venutone a conoscenza, non provveda tempestivamente alla loro rimozione, atteso che tale condotta equivale alla consapevole condivisione del contenuto lesivo dell’altrui reputazione e consente l’ulteriore diffusione dei commenti di un terzo a commenti diffamatori.
In linea con i principi della responsabilità personale del blogger, è necessaria una verifica della consapevole adesione da parte di quest’ultimo al significato dello scritto offensivo dell’altrui reputazione, adesione che può realizzarsi proprio mediante la volontaria mancata tempestiva rimozione dello scritto medesimo.

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In assenza di norme specifiche si è ritenuto che tale fattispecie incriminatrice possa essere ascritta all’amministratore di un sito internet in base alle regole comuni, cioè o in qualità di autore della stessa o perché concorrente dell’autore materiale.
La non tempestiva attivazione da parte del ricorrente al fine di rimuovere i commenti offensivi pubblicati da soggetti terzi sul suo blog equivale non al mancato impedimento dell’evento diffamatorio – rilevante ex art. 40 c.p., comma 2, – ma alla consapevole condivisione del contenuto lesivo dell’altrui reputazione, con ulteriore replica della offensività dei contenuti pubblicati su un diario che è gestito dal blogger. Da qui la conferma della condanna.