Ha destato scalpore la recente vicenda di un Rave Party durato diversi giorni: vediamo gli aspetti legali di tale manifestazione musicale
I rave party sono manifestazioni musicali che solitamente non durano meno di una notte, anzi, di solito si protraggono anche per più giorni e sono caratterizzati da forti giochi di luce e ritmi musicali ossessivi come musica techno, goa trance, acid house, jungle, drum and bass o psy-trance.
Vengono organizzati in aree isolate o abbandonate come terreni incolti di periferia, campi, cave, foreste, capannoni o aree industriali dismesse, ecc. Ovviamente, con la diffusione di Internet, l’organizzazione dei rave party ha acquisito maggiore facilità e proporzioni importanti, giungendo a coinvolgere migliaia di persone.
Normative e giurisprudenza
In Italia è legale organizzare un rave party e non è necessario chiedere prima le autorizzazioni al Comune o al Questore. Ciò che può rendere il rave illegale sono invece le attività illegali che si svolgono durante la manifestazione o le finalità di lucro, se ad esempio si imponesse il pagamento di un biglietto per la partecipazione.
La nostra Costituzione, prevede la libertà di riunione come uno dei diritti inviolabili della persona all’articolo 17 della Costituzione:
“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.”
Il preavviso non rappresenta un presupposto necessario per potersi riunire in pubblico. L’omissione infatti non determina l’illegittimità della riunione, e l’autorità può intervenire solamente per motivi di sicurezza ed ordine pubblico.
Anche l’intervento della Sprema corte di Cassazione, richiamando l’art. 17 della Costituzione, ha considerato lecito lo svolgimento di un rave party non autorizzato in occasione di un evento svoltosi a Pisa nel 2017.
Infatti, la Corte di Cassazione sez. I penale con sentenza n. 36228 del 21 luglio 2017 si è pronunciata sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui il Tribunale di Pisa aveva condannato un imputato perché ritenuto responsabile di avere organizzato, in concorso con altre persone non identificate, senza alcuna autorizzazione, un rave party (art. 68 T.U.L.P.S.), cassando la condanna e accogliendo la tesi difensiva secondo cui il reato non sarebbe stato configurabile per “difetto dell’imprenditorialità della condotta e per la mancata apertura al pubblico del terreno ove si era svolta la festa privata”.
In particolare, la sentenza dispone testualmente: “La Corte costituzionale, con sentenza n. 56 del 1970, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 68 T.U.L.P.S., precisando che le disposizioni contenute nel citato articolo e nell’art. 666 c.p., – i quali dispongono che per trattenimenti di qualsiasi genere da tenere in luogo aperto al pubblico occorre la licenza del questore – violano l’art. 17 Cost., nella parte in cui si riferiscono a trattenimenti non indetti nell’esercizio di attività imprenditoriale. Mentre per questi ultimi può configurarsi un limite alla libertà di iniziativa economica giustificabile ai sensi dell’art. 41 Cost., gli altri trattenimenti, in quanto implicano esercizio della libertà di riunione, possono essere indetti senza necessità della licenza del questore.
Dispone, infatti, l’art. 17 Cost., che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi e che per le (loro) riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Il diritto di riunione è tutelato nei confronti della generalità dei cittadini, che, riunendosi, possono dedicarsi a quelle attività lecite, anche se per scopo di comune divertimento o passatempo (Corte cost. sent. n. 142 del 1967) e quindi a quei trattenimenti cui si riferiscono le norme sopra citate. Se, dunque, la riunione è indetta anche in luogo aperto al pubblico da persone che intendono riunirsi per attuare gli scopi anzidetti, fra i quali i trattenimenti di cui parlano le disposizioni R.D. 18 giugno 1931, n. 773, ex art. 68, e art. 666 c.p., nessuna autorizzazione e nessun preavviso occorre.
Diversamente è a dirsi se la riunione, avente per oggetto un trattenimento di danza, di giuoco, di sport, ecc., è invece indetta in un pubblico locale da parte del titolare nell’esercizio della sua attività imprenditoriale. In tal caso non è il diritto di riunione quello che egli intende esercitare, bensì il diritto di libera iniziativa economica che gli consente di organizzare la propria azienda e di svolgervi le attività lecite inerenti alla sua impresa. Si è, cioè, non più nella sfera dei diritti dell’art. 17 Cost., ma di quelli tutelati dall’art. 41, che, peraltro, ammettono limiti e controlli nel pubblico interesse. In proposito va ricordato che con la precedente sentenza n. 142 del 1967, la Corte costituzionale ha dichiarato che l’art. 68 del T.U.L.P.S., approvato con R.D. 18 giugno 1931 n. 773, è costituzionalmente illegittimo, nei confronti dell’art. 17 Cost., nella parte nella quale vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico senza la licenza del questore. Tanto premesso, non essendo emerso e neppure contestato che l’indicato trattenimento musicale sia stato posto in essere con finalità di lucro o nell’esercizio di un’attività imprenditoriale, non resta che escludere la sussistenza del fatto”.
Per completezza si menziona la proposta di legge presentata il 10 luglio 2008 relativa alla “Disciplina dello svolgimento di raduni a carattere musicale in spazi non attrezzati” la cui finalità era quella di dettare delle regole per lo svolgimento dei rave party, prevedendo la necessaria autorizzazione del questore nonché: l’indicazione del luogo e della durata del raduno; l’indicazione del numero previsto dei partecipanti; copia dell’autorizzazione di occupazione del sito, concessa dal proprietario o dal titolare del diritto di uso reale; le generalità e la firma dei rappresentanti dell’associazione, comitato o altra formazione che organizza il raduno.
Inoltre, il progetto di legge, prevedeva “Ai fini di un corretto svolgimento dei raduni, e per garantire la sicurezza dei partecipanti, che gli organizzatori dovessero assicurare, in accordo con il comune competente: la presenza di un presidio medico di primo soccorso adeguatamente attrezzato; un servizio antincendio; un’idonea fornitura di acqua potabile; le condizioni igieniche; i mezzi di raccolta dei rifiuti e di pulizia del luogo di svolgimento.
Le condotte illecite
Nonostante l’assenza di uno specifico divieto, nella maggior parte dei casi, il rave party presenta diversi aspetti illeciti, a partire dall’accesso e occupazione abusiva del fondo altrui ex art. 633 codice penale.
Infatti, i beni altrui, come campi, capannoni, boschi, radure eccetera, anche se abbandonati, non giustificano l’accesso o l’occupazione da parte di altri soggetti.
Altri elementi di illiceità dei rave derivano dalla frequente presenza, possesso, consumo e spaccio di droghe, anche pesanti, come eroina o ecstasy, oltre all’abuso di alcool.
Inoltre, tali manifestazioni possono costituire una fonte rumorosa tale da arrecare disturbo alla quiete pubblica con applicazione dell’art. 659 codice penale.
Oppure, ancora, i rave possono essere causa di danni nei confronti dei proprietari dei beni occupati e qualificabili come danneggiamento ex art 653 c.p., nonché passibili di richieste risarcitorie in sede civile o di sanzioni per l’abbandono di rifiuti.
LEGGI ANCHE: Vaccino Covid: non sempre c’è la responsabilità dei sanitari in caso di morte
Si deve inoltre precisare che, indipendentemente dalle normative e sentenze citate, l’illiceità del Rave party deriva attualmente anche dalla presenza della pandemia da Covid-19 e dalla violazione delle specifiche disposizioni dettate contro la diffusione del virus.
In particolare, un rave nelle attuali condizioni della pandemia da Covid, vìola le disposizioni riguardanti il distanziamento, l’obbligo di mascherina, l’obbligo di verifica preventiva di green pass e di misurazione preventiva della temperatura corporea, e in generale, tutte le disposizioni volte ad evitare proprio la formazione di assembramenti.