Diritto alla salute: Se manca la notifica alla persona offesa di revoca o sospensione al detenuto di una misura cautelare può prevalere la ragione di salute
La sentenza n. 165 del 2021, della V Sezione Penale della Corte di Cassazione, scaturisce dal ricorso presentato avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Palermo, che dichiara inammissibile un appello proposto contro il provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Palermo che aveva rigettato la richiesta di sostituzione della custodia in carcere, comminata per partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso e reati connessi, alcuni eseguiti con violenza alla persona.
In particolare, il G.I.P. non ravvisa alcuna ragione d’incompatibilità con il regime carcerario statuito per il condannato, un ultrasessantenne ritenuto soggetto a rischio di contrazione del virus Covid-19.
L’inammissibilità viene confermata anche dal Riesame, che metteva in evidenza l’assenza di notifica alla persona offesa all’atto di presentazione dell’istanza di sostituzione del regime cautelare. Il condannato pertanto, ricorre in Cassazione ritenendo che, secondo quanto disposto dall’art.275 co. C.p.p. non fosse necessaria la notifica alla persona offesa al fine di declarare una situazione d’incompatibilità con il regime detentivo intrattenuto, dovuta all’età e alle condizioni di salute del detenuto, in particolare relazione con la crisi pandemica.
Il diritto alla salute sancito dalla Costituzione
I Supremi Giudici argomentano circa l’applicabilità dell’art.32 della Costituzione, che disciplina e sancisce il diritto alla salute. Il riconoscimento di tale diritto quale valore costituzionale inviolabile si arricchisce del cammino giurisprudenziale, che ritiene applicabile l’art.32 Cost. a qualsiasi cittadino, al di là che egli sia sottoposto a misure restrittive della libertà personale.
L’art. 32 Cost. è divenuto pertanto, nel tempo, uno dei riferimenti postulativi del trattamento rieducativo, in combinato disposto con gli artt. 27 co.3 e 13 co.4 della Costituzione, diventando un diritto inalienabile all’interno della normativa sia penale che penitenziaria, che si bilancia con la funzione di risocializzazione del reo, che vale anche per i reati più gravi.
A tal proposito si richiama il pronunciamento dela Corte Costituzionale, la quale offre collocamento al diritto alla salute in relazione ai soggetti che scontano la condanna. A tal proposito si legge nella Sentenza della predetta Corte n. 37 del 1991: “valore primario, sia per la sua inerenza alla persona umana sia per la sua valenza di diritto sociale, caratterizzante la forma di Stato sociale, designata dalla Costituzione”. Nella sentenza n.99 del 2019 poi, dichiara l’orientamento da seguire nel bilanciamento con il principio di ordine e sicurezza pubblica che si era precedentemente enunciato.
La Cassazione accoglie il ricorso
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso presentato, ritenendo che “l’obbligo di notifica di cui all’art. 229 c.p.p. sorge qualora vi sia il rischio di recidiva personale, poiché è tale rischio che genera il diritto della vittima a partecipare al procedimento incidentale sulla libertà e a rappresentare le proprie ragioni attraverso il deposito di memorie. Tale rischio di recidiva e pericolosità sociale, deve ritenersi quantomeno fortemente scemato in presenza di condizioni di salute fragili riscontrate nel detenuto”.
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Quindi la ratio della pronuncia sottende un importante principio cardine: il diritto alla salute è primario anche in situazione di condanna a restrizione personale per gravi reati ed è in linea con la finalità sociale della pena che tende a voler reintegrare, con funzione educativa, il reo nella società civile.
Inoltre è in linea con quanto prevede la stessa Costituzione con il principio di umanità e con tutte le norme sovranazionali attinenti ai Diritti Umani che si oppone a trattamenti degradanti o di tortura, in negazione ai Diritti fondamentali.
Inoltre ritiene che il rischio di “vittimizzazione secondaria” imminente per il quale occorre dare il peso alla mancata notifica, debba essere in questo caso ritenuto bilanciato dalla totale incompatibilità della condizione intramuraria di detenzione, pertanto, in tale caso, l’obbligo può venir meno.