Può accadere che un figlio venga riconosciuto da chi non è il padre. Tutele e rischi connessi al riconoscimento non veritiero
L’art. 263 c.c.
L’art. 263 c.c., riformato con il D. Lgs.154/2013 stabilisce che “Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.
L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
L’azione di impugnazione da parte dell’autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita.
Se l’autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l’impotenza del presunto padre.
L’azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall’annotazione del riconoscimento.
L’azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Si applica l’articolo 245”.
I cambiamenti
La vecchia formulazione dell’art. 263 c.c. sanciva l’imprescrittibilità dell’azione di disconoscimento e dunque poteva passare anche un lasso di tempo molto lungo prima che venisse annullato ogni legame giuridico tra un genitore ed il proprio figlio.
Invece, ad oggi l’azione è imprescrittibile solamente da parte del figlio il quale, compiuti i 14 anni, può, mediante la nomina di un curatore speciale, già intraprendere l’azione di disconoscimento.
Anche nel caso di maggiorenne non capace di intendere e di volere occorre la nomina del curatore speciale.
Dunque, attualmente, il termine per proporre l’azione è di un anno che decorre dalla data di annotazione del riconoscimento non veritiero.
Tuttavia, è previsto un termine massimo di 5 anni decorrenti sempre dalla stessa data nel caso in cui si ignorava l’errata paternità oppure nel caso in cui l’azione venga proposta da altri soggetti che vi abbiano interesse.
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L’interesse sotteso al disconoscimento per difetto di veridicità può essere sia di natura morale, sia di natura giuridica.
Dal punto di vista penalistico, riconoscere un figlio che si sa non essere il proprio costituisce reato di alterazione di stato, perseguibile ai sensi dell’art. 567 c.p. il quale sancisce che “chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità”.