Stelle terrestri vietate: le stelle marine e le stelle alpine

Asportare la stella marina e la stella alpina dal loro ambiente naturale costituisce una grave violazione e in alcuni casi anche un reato

Nel corso degli anni, a causa delle condotte sconsiderate degli esseri umani, è stato necessario dettare delle norme specifiche per tutelare alcune specie animali e floreali come le stelle marine e le stelle alpine, troppo spesso oggetto di sottrazione dai loro habitat naturali, con conseguente irreparabile danno all’ambiente biologico.

Le stelle marine

Le stelle marine sono tecnicamente denominate “echinodermi asteroidei”, cioè animali a forma di stella senza scheletro interno, perché la loro struttura è costituita da spicole, cioè ossicini, immersi nella pelle. Alla stessa specie degli echinodermi appartengono anche i ricci di mare e i cetrioli di mare.

Si tratta di creature dotate di un equilibrio vitale molto delicato per cui, se portate fuori dall’acqua o semplicemente a contatto con a nostra pelle, possono morire in pochi secondi, perdendo in poche ore il loro colore splendente per divenire sbiaditi cadaveri da souvenir, come accade spesso anche ai cavallucci marini.

Occorre però ricordare che le stelle marine sono animali viventi come tutti gli altri, pertanto, non possono essere oggetto di maltrattamento o uccisione pena l’applicazione dell’art. 544ter del codice penale: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale”.

Oppure dell’art 544-bis del codice penale che “punisce con la reclusione da quattro mesi a due anni, la condotta di chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale.”

Inoltre, la Suprema Corte di Cassazione ha decretato che risultano punibili non solo le lesioni fisiche ma anche altri tipi di sofferenze ai danni degli animali come appunto, nel caso degli animali marini, la pratica purtroppo molto diffusa di toglierli dall’acqua per scattare dei selfie, oppure per metterli nei secchielli, per lasciarli morire sulla spiaggia o per portarli a casa.

Tali pratiche configurano chiaramente il reato di cui all’articolo 544ter o 544bis.

Le stelle alpine

Non solo il mare, ma anche la montagna ha i suoi predatori turistici umani, che raccolgono indistintamente piante, fiori, erbe per portarle a casa e farne inutili quadretti d’arredo.

Sulle alpi ad esempio, si è giunti a dettare una specifica normativa per le stelle alpine, piccoli meravigliosi fiori che crescono sulle alpi solo ad altitudini superiori ai 1500 metri e fino ai 3.200 ma che nel tempo è divenuta una pianta “rara” proprio in conseguenza dell’indiscriminata raccolta.

Il divieto di raccolta delle stelle alpine è stato sancito nelle regini interessate da specifiche leggi regionali, come ad esempio la Legge regionale della Valle D’Aosta del 7 dicembre 2009, n. 45 che riporta negli allegati A e B tutte le specie vietate, precisando all’articolo 4 quali siano le “Specie a protezione rigorosa” e indicando all’articolo 12 le sanzioni applicabili in caso di violazioni dei divieti.

LEGGI ANCHE: Il furto di animali per salvarli da maltrattamenti non costituisce reato

Stabilendo in particolare ai commi 1 e 2: 1. Chiunque raccolga o danneggi le specie di flora spontanea autoctona e le specie di felci, muschi e licheni incluse nell’allegato A è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a euro 20 per ogni stelo fiorifero, fino a un massimo di euro 120.

  1. Chiunque estirpi specie di flora spontanea autoctona o specie di felci, muschi e licheni incluse nell’allegato A è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a euro 30 per ogni pianta, fino a un massimo di euro 180.