Addebitare la separazione all’ex coniuge: quando è possibile

L’addebito della separazione personale tra coniugi è previsto dal codice e confermato dalla giurisprudenza in alcuni casi

Cosa è l’addebito

La disposizione di addebito a carico di un coniuge per la violazione dei doveri reciproci di cui all’art. 143 c.c. (fedeltàassistenza morale e materialecollaborazionecoabitazionecontribuzione) comporta la perdita del diritto all’assegno di mantenimento e dei diritti successori. Solo su espressa domanda di parte (per cui non rilevata dal giudice automaticamente), la dichiarazione di possibilità di addebito della separazione è subordinata all’accertamento della sussistenza del nesso causale tra la violazione dei doveri e degli obblighi nascenti dal matrimonio e due conseguenze possibili ex art. 151 c. 1 c.c.:

  1. l’intollerabilità della convivenza
  2. il pregiudizio all’educazione della prole

La violazione dei doveri ex art.143 c.c., per realizzarsi necessita che la crisi dei coniugi non sia avvenuta quando era già maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale, o per effetto di essa.

Quando e come si chiede 

Un coniuge chiede l’addebito della separazione all’altro quando lo ritiene responsabile della violazione dei doveri derivanti dal matrimonio. In buona sostanza, gli attribuisce la colpa del fallimento dell’unione. Non a caso, in passato, si parlava proprio di separazione per colpa.

Un esempio di scuola è rappresentato dal tradimento: questo provoca la crisi coniugale che giunge alla separazione. Esclusa la preesistente crisi,  il coniuge tradito non sopporta più di vivere con l’altro (intollerabilità della convivenza) o i continui litigi vanno a nocumento dei figli (pregiudizio alla prole), per cui si giunge inevitabilmente alla separazione.

Il codice a tal proposito postula:

  • L’ 151 c. 2 c.c. dispone che “il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.
  • L’ 156 c.c. prevede che il giudice stabilisca un assegno di mantenimento a favore del coniuge a cui non sia addebitabile la separazione. Pertanto, il coniuge a cui sia addebitata la separazione non ha diritto all’assegno di mantenimento.
  • L’ 548 c.c.  stabilisce che il coniuge a cui sia stata addebita la separazione perda i diritti successoriche, invece, spettano al coniuge separato senza addebito. Il coniuge destinatario dell’addebito ha diritto ad un assegno vitalizio a carico dell’eredità qualora, al momento dell’apertura della successione, fosse destinatario degli alimenti da parte del coniuge deceduto.

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I motivi dell’addebito

I motivi che possono giustificare un addebito sono:

  • Infedeltà: Con comprovata rottura della fedeltà coniugale, in presenza di una palesata relazione extraconiugale, l’addebito può essere pronunciato non solo in ipotesi di adulterio conclamato, come il caso del marito che si vanti di avere un’amante dinanzi agli amici di famiglia(cfr. Cass. 21245/2010), ma anche quando “in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, generi plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzia in un adulterio, comporta comunque offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge”(Cass. n. 6834/1998).
  • Mancanza di rapporti affettivi e intesa sessuale: Affermando che “il persistente rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge – poiché, provocando oggettivamente frustrazione e disagio e, non di rado, irreversibili danni sul piano dell’equilibrio psicofisico, costituisce gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner – configura e integra violazione dell’inderogabile dovere di assistenza morale sancito dall’articolo 143 cod. civ., che ricomprende tutti gli aspetti di sostegno nei quali si estrinseca il concetto di comunione coniugale” (Cass. n. 6276/2005), la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto il mancato soddisfacimento delle proprie esigenze affettive e sessuali qualora sia gravemente incisivo nella sfera personale e psicologica, tanto che nel menage famigliare.
  • Maltrattamenti, violenza fisica e psichica: Stante l’evidente gravità del comportamenti violenti e dei maltrattamenti come si legge dalla Suprema Corte: “Infatti tali gravi condotte lesive, traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’integrità e l’incolumità fisica, morale e sociale dell’altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l’addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere” (Cass. n. 8928/2012).
  • Figli: Nascondere al coniuge la propria eventualità incapacità di procreare giustifica l’addebito in capo al coniuge sterile o impotente in quanto costituisce lesione del diritto fondamentale dell’altro coniuge di realizzarsi nella famiglia e nella società anche come genitore (cfr. Cass. n. 6697/2009).
  • Abbandono del tetto coniugale: Qualora accada che il  coniuge che lasci il domicilio abituale familiare senza il consenso dell’altro coniuge e rifiuti di farvi ritorno in maniera esplicita, pone in essere un comportamento contrario ai doveri matrimoniali.