Il nome di una donna: l’importanza del diritto di esistere

Una riflessione tra Occidente ed Oriente: cosa sono i diritti umani e perché ancora a molte donne sono negati

Non posso immaginare la mia vita da donna senza un volto. Quel volto sono io, racconta il mio nome, le mie origini, tutte le volte che ho gioito e tutte le volte che mi sono lacerata dal dolore. Quel volto racconta i difetti che ho deciso di mostrare e anche tutti quelli che ho deciso di cambiare o nascondere per insicurezza o anche solo per vezzo. Il mio volto racconta il colore che voglio esprimere oppure la stanchezza. Non posso immaginare la mia vita di donna, senza guardare chi mi parla negli occhi. Nel cammino della mia storia, ho imparato che da sguardi diversi potevo apprendere ogni aspetto dell’umanità e permettere o meno, a seconda che lo volessi, di trasmettere la mia di umanità. Non posso immaginare la mia vita senza la possibilità di essere criticata o di intervenire in critica perché la mia bocca deve restare in silenzio, senza la minima possibilità di confronto. Non posso immaginare di non avere la possibilità di gioire per ogni traguardo acquisito con sudore o arrabbiarmi per quando sono sconfitta perché ancora ho tanto da imparare oppure perché subisco un’ingiustizia. Non posso immaginare di non poter avere un progetto da rincorrere neanche per me stessa, figuriamoci da esternare. Non posso immaginare di non poter dire la mia, magari votando. Non posso immaginare di non avere relazioni umane, vere o illusorie, ma che ho scelto, anche sbagliando e pagando con dolore, ma che mi hanno portata alla consapevolezza della mia identità giorno dopo giorno, anno dopo anno. In altri casi, queste relazioni, sono entrate nella mia vita stabilmente e arricchiscono anche le parti più aride di me. Molte di queste relazioni interpersonali che appartengono alla mia sfera sono altre donne, con la quale lavoro, rido, piango, sogno e mi confronto. Oggi a Kabul incombe la nuvola nera del ritorno ad un regime talebano, che da sempre chiede alla donna di “non essere” e di rinunciare alla propria identità.

Contro chi vuole cancellarci

Quante volte abbiamo in Occidente la volontà di urlare queste nostre considerazioni, quando magari apprendiamo una notizia di cronaca nera, dove la vittima è l’ennesima donna. Ci sono ancora tra di noi, nel nostro Paese, donne che subiscono la volontà di un uomo di renderle “nessuno” anzi “niente”, poiché sottesa in  questo caso vi è l’idea del possesso da rivendicare su un oggetto. Nel primo semestre del 2021 vi sono stati 19.128  casi rilevati dal nostro Ministero degli interni di “reati spia” (persecutori, maltrattamenti domestici e violenze). Le modalità sono sempre riconducibili a condotte criminali, inquadrate dal diritto in Italia come fattispecie di reato sempre più specifiche, che si occupano con tempistiche non sempre rapide, di estrarre questi disegni di annientamento femminile dalla nebulosa definizione di “violenza di genere”, che tutto contiene. Nel 2019 in un Paese occidentale e democratico come l’Italia, si è tagliato il grande traguardo della legge n. 69, cosiddetta del “Codice rosso”, importante non solo perché evita un sistema procedurale lento ed asincrono rispetto all’istaurarsi dei questi comportamenti criminali, ma soprattutto perché prevede la specificità di ben quattro nuovi reati, tra cui proprio quella dell’ omicidio di identità, il reato di sfregio. Come si è detto tuttavia, se da un lato dobbiamo rilevare numeri tristemente elevati di fattispecie delittuose di questo tipo, dall’altro abbiamo la consapevolezza del reato. Così come abbiamo compreso che l’empowerment femminile non è una “concessione”, ma un cammino da sostenere ogni giorno verso l’attuazione di quei diritti “umani” declarati al termine del secondo conflitto mondiale, che dovevano essere la presa di coscienza che l’autodeterminazione di una persona e della sua identità è un diritto e, laddove esista ancora squilibrio per il raggiungimento di essa, per ogni essere umano, diventa anche il dovere di cooperare a realizzarlo.

Quali sono i diritti dell’essere umano

I diritti civili sono quelli che attengono alla personalità dell’individuo, quale la libertà di pensiero, la libertà personale, di riunione, di religione ed ancora la libertà economica. Nella sfera che afferisce a questi appena richiamati, all’individuo è garantita un ambito di arbitrio, purché il suo agire non violi i diritti civili degli altri soggetti. Per tal ragione, i diritti civili obbligano gli Stati a un atteggiamento di astensione.

I diritti politici  comportano una libertà attiva, ossia la possibilità di partecipazione dei cittadini nel determinare l’indirizzo politico dello Stato: tali sono, ad esempio, la libertà di associazione in partiti, ossia diritti elettorali.

Vi sono infine i diritti sociali  ovvero il diritto al lavoro, all’assistenza, allo studio, tutela della salute.

Il diritto di essere donna

A Kabul e in tutto l’Afghanistan, in queste ore si muove la nube nera della negazione per molte donne che, in questi anni hanno faticosamente sperato che anche per loro esistesse un diritto ad essere donna. Aggrappandosi ai diritti umani fondamentali hanno aperto gli occhi e cominciato a dare forma alla loro personalità. Hanno capito che un volto ed un’identità propria è un diritto e non qualcosa della quale aver paura o non ritenersi degne, figuriamoci poi vergognarsene.

Non solo hanno scelto per loro stesse, magari studiando, lavorando e impegnandosi per la propria esistenza con responsabilità e in prima persona, ma alcune di loro hanno provato a scegliere ed impegnarsi per la propria gente.

E’ il caso di Ashraf Ghani Ghafari,  nominata sindaca nell’estate del 2018 dal presidente e ad oggi una delle poche donne ad aver mai ricoperto un incarico governativo nella città molto conservatrice di Maidan Shar. Ha dichiarato nelle ultime giornate che vedevano l’Afghanistan sopraffatto dal regime Talebano: “Sono distrutta. Non so su chi fare affidamento. Ma non mi fermerò ora, anche se verranno di nuovo a cercarmi. Non ho più paura di morire”.

E’ un sogno che rischia di scomparire per sempre, dietro un velo o chissà dove, di certo non porterà più il nome di una donna.