Nonostante l’opposizione a precetto incardini un giudizio ordinario, non c’è sospensione feriale dei termini
Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 95/17 del 4.01.2017.
L’opposizione a precetto, con la quale si contesta alla parte istante il diritto di procedere ad esecuzione forzata quando questa non è ancora iniziata, rientra, come tutte le cause di opposizione al processo esecutivo, tra i procedimenti ai quali non si applica, neppure con riguardo ai termini relativi ai giudizi di impugnazione, la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale.
Stabilisce difatti l’art. 92 del Regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (ordinamento giudiziario) che “durante il periodo feriale dei magistrati le corti di appello ed i tribunali trattano le cause civili relative ad alimenti, alla materia corporativa, ai procedimenti cautelari, di sfratto e di opposizione all’esecuzione, nonché quelle relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti, ed in genere quelle rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti. In quest’ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal presidente in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile, e per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del collegio, egualmente non impugnabile”.
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In casi eccezionali, tuttavia, si applica la sospensione feriale. Le ipotesi sono le seguenti:
- quando si discuta soltanto dell’esistenza o meno del diritto del creditore di promuovere l’azione esecutiva al solo fine del piano di riparto delle spese del processo;
- quando l’attore opponente chieda la condanna della controparte al pagamento di una somma di denaro;
- quando il Giudice di primo grado dichiari inefficace il precetto, pronunciando sulla domanda esperita in via riconvenzionale dall’opposto, e poi, in grado d’appello, sia impugnata e si discuta soltanto di tale ultima pronuncia;
- quando nel giudizio di opposizione all’esecuzione sia eccepito, dal debitore esecutato, un controcredito e tale sia contestato dal creditore procedente ciò unicamente se il valore del controcredito non eccede quello del credito per cui si procede.