Furto di animali: rubarli per salvarli dai maltrattamenti non costituisce reato

Furto di animali: Se si sottraggono animali altrui che subiscono maltrattamenti può non esserci furto. Cosa dice la Cassazione

La corte di Cassazione, con la sentenza 40438/2019 della Sez. penale, ha annullato la sentenza che aveva condannato nell’aprile del 2012 avevano sottratto 67 cani Beagle dall’allevamento “Green Hill” di Montichiari, in provincia di Brescia.

La suprema corte, quinta sezione penale, ha eliminato le condanne inflitte agli animalisti –  che prevedevano pene detentive tra gli 8 e i 10 mesi – dalla corte d’Appello di Brescia nel maggio 2018.

Il fatto

I fatti sono relativi al bliz di alcuni attivisti animalisti che avevano sottratto dall’ interno dello stabile di proprietà della società Green Hill srl 67 cani di razza beagle. Nell’aprile 2012, per tale condotta, erano stati dichiarati responsabili del delitto di furto in abitazione ex art. 624 bis c.p. e per tale fattispecie condannati.

Gli interessati avevano proposto ricorso per cassazione lamentando l’insussistenza di diverse questioni nell’argomentazione della sentenza emessa dai giudici, ma, in particolare, venivano addotte le seguenti osservazioni al vaglio degli Ermellini:

  • Contestazione dell’equiparazione sostanziale dell’immobile di proprietà di Green Hill ad abitazione di abitazione/dimora per ricondurre alla fattispecie di reato di furto;
  • Contestazione della fattispecie per la quale è stata emessa la condanna, in quanto non vi era finalità alcuna di arricchimento del patrimonio della parte condannata, in quanto, nel fine non era ravvedibile in alcun modo l’intenzione di vendita degli animali o di mero arricchimento proprio spirituale o utilità alcuna, trattandosi invece di una missione di “salvataggio” degli stessi da una forzata prigionia;
  • Contestazione dell’equiparazione degli animali a mero oggetto di proprietà, trascurandone l’aspetto senziente degli stessi;
  • Evidenzia la mancanza di applicazione di scriminante di obiezione di coscienza ed anche di legittima difesa.

La Decisione della Suprema Corte

“L’uomo ha sempre manifestato verso gli animali, in quanto essere senzienti, un senso di pietà e di protezione, quando non anche di affetto. Da qui l’esistenza, in tutte le epoche storiche, di precetti giuridici, essenzialmente di natura pubblicistica, posti a salvaguardia e a tutela degli animali”, si legge nelle motivazioni depositate dalla Corte.

“Se l’utilità perseguita dall’autore del furto deve essere connessa alla cosa oggetto dell’impossessamento e non all’azione in sé, non è comprensibile quale sia se si esclude vi possa essere un dolo nel liberare gli animali che sono stati sottoposti a maltrattamenti”, aggiungono i giudici, giungendo così a statuire l’annullamento della sentenza da parte della corte di piazza Cavour.

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Una decisione a cui i magistrati giungono dopo essersi soffermati sulla nozione di dolo specifico del delitto di furto e sulla nozione di profitto correlata allo stesso: per gli ermellini infatti, l’elemento soggettivo è integrato ove sia stata raggiunta la certezza che l’autore del fatto in sè abbia agito per conseguire un ampliamento del proprio patrimonio, quale fine specifico ed immediato dell’azione, sia pure con l’intento di ottenere per tale via il soddisfacimento di un bisogno ulteriore anche solo attinente alla sfera spirituale dell’autore stesso.

Di conseguenza, la Cassazione sgancia il concetto di utilità dall’azione in sé di impossessamento e la riconduce univocamente al fine di utilità dell’impossessamento stesso.

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Tanto comporta l’annullamento della sentenza impugnata perché il giudice del rinvio provveda all’accertamento del suddetto requisito di fattispecie in conformità alle direttrici ermeneutiche tracciate.