Un incendio, soprattutto in estate, può avere drammatiche conseguenze, per questo la legge punisce severamente i responsabili degli incendi
Ogni anno, soprattutto in estate, si assiste alla distruzione di ettari di boschi o aree abitate.
Le conseguenze degli incendi possono costare molto care, non solo in termini di distruzione ambientale, ma anche in termini di vittime umane e/o animali.
Ciò può accadere a causa di un piromane, cioè di un soggetto che abbia la volontà di determinare un incendio di grandi proporzioni, oppure a causa di un soggetto che, pur non volendo causare un incendio disastroso, si trovi comunque a determinarlo a causa della sua negligenza o imperizia.
Dispone l’art. 423 Codice Penale: “Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni.
La disposizione precedente si applica anche nel caso di incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica.”
Per incendio deve quindi intendersi non il generico fuoco, ma il fuoco di vaste dimensioni, che abbia tendenza a diffondersi e sia difficile da spegnere.
Si tratta di una norma la cui ratio è quella di tutelare un numero indeterminato di persone, infatti, è uno dei delitti contro l’incolumità pubblica, si tratta quindi di reati plurioffensivi.
Le condotte
1.Incendio doloso
Si tratta di un reato a forma libera, realizzabile anche in forma omissiva se il colpevole abbia un obbligo giuridico di impedire l’incendio.
L’elemento soggettivo è costituito dal dolo generico, cioè la consapevole volontà di cagionare un incendio di vaste proporzioni che può espandersi e non può essere facilmente contenuto e spento
La configurazione del reato e la conseguente punibilità, nel caso in cui l’incendio avvenga su cosa propria, richiede che ci sia l’esposizione al pericolo della pubblica incolumità, pertanto, la condotta del secondo comma configura un reato di pericolo concreto, mentre quella del primo comma un reato di pericolo astratto.
Come già accennato, la fattispecie riguarda i casi in cui l’incendio abbia i caratteri della vastità, della rapida propagazione e della difficoltà di spegnimento delle fiamme. Il tentativo viene ammesso solo per l’incendio di cosa altrui.
La giurisprudenza di solito esclude il concorso tra incendio e danneggiamento seguito da incendio, fattispecie prevista dall’art. 424 del codice penale: “Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 423 bis, al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito, se dal fatto sorge il pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni.
Se segue l’incendio, si applicano le disposizioni dell’articolo, ma la pena è ridotta da un terzo alla metà.
Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall’articolo 423bis.”
L’elemento discriminante tra le fattispecie previste dagli artt. 423 e 424 c.p. è determinato dall’elemento psicologico del reato.
Infatti, nell’incendio ex art. 423 cp c’è il dolo generico, cioè la consapevole volontà di cagionare un incendio di non lievi proporzioni che può espandersi e non può essere facilmente contenuto e spento, invece nell’ipotesi di cui all’art. 424 c.p. l’elemento soggettivo è il dolo specifico, cioè la volontà di accendere un fuoco solo per danneggiare senza la previsione del pericolo di un incendio incontrollabile.
Inoltre, sia per il delitto di incendio, sia per il danneggiamento seguito da incendio, il legislatore ha disposto all’art. 425 c.p. l’aumento di pena qualora il delitto colpisca determinati beni, cioè delle circostanze aggravanti oggettive tassative, conosciute o ignorate per colpa dal soggetto agente.
La pena infatti è aumentata se il fatto è commesso:
1) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico, su monumenti, cimiteri e loro dipendenze;
2) su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o cantieri, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque;
3) su navi o altri edifici natanti, o su aeromobili;
4) su scali ferroviari o marittimi o aeroscali, magazzini generali o altri depositi di merci o derrate, o su ammassi o depositi di materie esplodenti, infiammabili o combustibili.
2.Incendio colposo
Al di fuori delle ipotesi indicate, l’art. 449 c.p. stabilisce in via generale la punibilità di colui che cagiona per colpa un incendio.
“Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell’articolo 423bis cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone.
L’incendio è colposo, dunque, quando il fatto tipico non è voluto dall’agente, ma si realizza comunque a causa della sua negligenza, imprudenza, imperizia, che dovrà essere valutata in relazione alla qualifica e all’attività concretamente svolta dall’agente, oppure per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini.
Ovviamente, come si nota dalla semplice lettura degli articoli, l’incendio doloso è punito in maniera più grave (reclusione da tre a sette anni e da quattro a dieci anni in caso di incendio boschivo) rispetto a quello colposo (reclusione da 1 a 5 anni, anche in caso di incendio boschivo).
L’incendio boschivo: art. 423 c.p.
Merita un discorso a parte l’incendio boschivo, in quanto evento drammaticamente frequente, causa di distruzione di patrimoni biologici e naturali, soprattutto in estate, il cui danno non può essere riparato dall’uomo ma solo dal tempo, forse.
In considerazione della sua gravità, l’incendio boschivo è disciplinato da una specifica norma, l’articolo 423bis del Codice Penale: “Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
Se l’incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall’incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente.”
La materia è disciplinata anche dalla Legge quadro n. 353/2000, il cui articolo 2 stabilisce che “per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree“.
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La legge quadro n. 353/2000 disciplinate all’art. 10 anche le sanzioni che variano da un minimo di euro 1.032,00 fino ad un massimo di euro 10.329,00 se sorpresi ad accendere il fuoco in zona o periodo non consentiti.
Inoltre, ad esclusione di aree attrezzate ove presenti, è vietato accendere fuochi all’aperto e nei boschi e parchi nazionali e regionali ai sensi della legge quadro n. 394 del 1991 e si deve tenere conto delle normative reginali che dettano le norme per le distanze dalle aree boschive da osservare in caso di accensione di fuochi. Peraltro, i Piani Regionali, identificano le aree a rischio di incendio boschivo con delle cartografie.