Una nuova era per le cause di nullità del matrimonio canonico iniziava con Papa Francesco nel 2015: ecco i vantaggi per i fedeli
Negli anni scorsi, abbiamo assistito ad una vera e propria “riforma” del procedimento alla quale si accede al fine di richiamare l’accertamento della nullità del proprio matrimonio canonico, ovvero quello riconosciuto dall’ordinamento della Chiesa cattolica.
Con la promulgazione dei motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, del 15 agosto 2015 infatti, il Santo Padre Francesco, faceva seguito alle sollecitudini presentate negli anni antecedenti, in particolare nel Sinodo dei Vescovi tenutosi nel febbraio 2014, di poter riesaminare la procedura giudiziale atta ad accertare vizi, difetti e/o impedimenti che potessero rendere nullo il Vincolo matrimoniale costituitosi secondo il Diritto Canonico. Tale procedimento infatti risultava in qualche modo essersi reso goffo in quanto caricatosi nel tempo di lungaggini, incolpevoli inefficienze e risultando talvolta distante a danno della sua originaria funzione pastorale.
Proprio per ricalcare la volontà di rafforzare tale pastoralità nella riforma si delinea il principio della centralità del Vescovo, quale Giudice naturale dei fedeli. Su quello della sinodalità del servizio della giustizia e sul principio della prossimità del Giudice e della celerità e semplicità del giudizio.
Chiaramente però, la novella del processo di nullità matrimoniale, seppure volta alla semplificazione e snellimento del procedimento, ha salvaguardato il principio della indissolubilità del vincolo matrimoniale.
Che cosa è cambiato?
In particolare, la riforma in esame ha riguardato il settimo Libro del codice di diritto canonico, nella parte relativa alle cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio.
Tra gli interventi particolarmente voluti vi è la migliore organizzazione, al fine di una più ricorrente applicabilità, del patrocinio stabile (patrocinio gratuito).
Una novella ad oggi poco risaltata è la previsione prima della causa, dell’accertamento dell’impossibilità di riconciliazione cui consegue irrimediabile fallimento dell’unione(che richiama in qualche modo i procedimenti civili per separazione personale tra i coniugi ma soprattutto per la cessazione degli effetti civili del matrimonio). Un’altra novella procedurale riguarda il processo ordinario: questo può essere convertito in processo breve qualora sussistano gli elementi. Infine un’altra novità, riguarda la sentenza di nullità del matrimonio: decorsi i termini di appello, diviene esecutiva, dopo la prima sentenza, così venendo meno il cosiddetto principio della doppia conforme (occorreva di fatto prima che due sentenze fossero dello “stesso parere” per definire l’esecutività).
L’appello dopo il decadimento della “doppia conforme”
Occorre però precisare che l’abolizione dell’obbligo della doppia decisione conforme, non comporta necessariamente che, a seguito di un pronunciamento affermativo circa la nullità del matrimonio, si possa passare automaticamente a nuove nozze. Infatti, rimane salvo il diritto della parte che non si ritiene soddisfatta in giustizia della decisione declarata, di appellare al tribunale superiore contro la decisione del Giudice.
Pertanto, sia in caso di sentenza affermativa che dichiari nullo il matrimonio, sia in caso di sentenza negativa che ne attesti la validità, la parte, che ha da manifestare il suo dissenso in merito a quanto deciso dai Giudici con sentenza, può presentare appello contro la medesima decisione, indirizzandolo, al Tribunale di Appello competente territorialmente oppure al tribunale Apostolico della Rota Romana. Se invece le parti interessate non appellano, la decisione del Tribunale che ha emesso la prima sentenza, trascorsi i termini di legge, diventerà esecutiva.
Quali sono i tempi per appellare?
La decisione di appellare deve essere dichiarata al Tribunale che ha emesso la sentenza entro quindici giorni dalla ricezione della notizia della pubblicazione della sentenza.
Al Tribunale d’appello prescelto è necessario presentare una richiesta più completa, tecnicamente definita “prosecuzione d’appello“, entro un mese dalla presentazione della dichiarazione di appello alla sentenza di prima istanza, corredandola possibilmente con le ragioni a sostegno della contestazione della sentenza e dell’interposizione dell’appello stesso. Tale procedura, preferibilmente, dovrebbe essere eseguita con l’ausilio di un legale (patrono di fiducia o stabile che supporta la parte), fatta comunque salva la facoltà della parte appellante di procedere autonomamente.
Se l’appello rispetta le caratteristiche fondamentali esplicate sopra, il processo continua e la trascrizione dell’esito della sentenza e la conseguente possibilità di passare a nuove nozze rimangono sospese.
Il Vescovo/giudice
Si tratta dell’innovazione di maggiore rilievo introdotta dalla riforma del 2015, ovvero quella riguardante la figura del Vescovo/Giudice e l’acquisita centralità di quest’ultimo nel processo di nullità matrimoniale, per cui anche nei procedimenti giudiziali del matrimonio.
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In altri termini, il Vescovo deve essere, per la sua comunità di fedeli e, più in generale, per la Chiesa tutta intesa come comunità universale, pastore e guida, e dunque giudice tra i fedeli, essendo a lui affidata la salvezza delle loro anime, che è il fine ultimo della ricerca della verità e la sua declaratoria nel processo di nullità del matrimonio canonico.
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In conformità al ruolo teologico che il Vescovo è chiamato ad assumere, in quanto detentore dei poteri legislativi, esecutivi e giudiziari, la nuova disciplina del processo di nullità matrimoniale è stata semplificata e snellita, al fine di non incidere ulteriormente sulla sofferenza dell’animo di quei fedeli che vivono in una condizione di vita irregolare.