Donne, lavoratrici e talvolta anche madri. Viaggio nel mondo del lavoro femminile oggi tra nuovi dati e immobilismo sociale e politico
Sono giorni nei quali la cronaca nera ci racconta ancora storie di lavoratrici, donne, madri, decedute a causa di un incidente sul posto di lavoro.
L’ultimo lo scorso 3 agosto, una nuova tragedia quella di El Harim, giovane operaia quarantunenne della provincia di Modena. Dopo il caso delle 22 enne Luana D’Orazio, morta a maggio a Prato stritolata dagli ingranaggi di un macchinario, la storia si ripete, continua ad aggiungere lutti che coinvolgono intere famiglie, per la perdita di giovani donne, madri, lavoratrici, costrette spesso ad adattarsi a condizioni di lavoro che non danno scelta. Spesso lasciate da sole.
Sono tragedie che fanno riflettere ed accendono i riflettori sul tema della sicurezza da garantire sul posto di lavoro. Tuttavia accendono anche una luce su un tema che a più riprese si è cercato di far emergere nella sua criticità: il ruolo femminile nel mondo del lavoro e il rispetto dell’uguaglianza di genere in merito alla retribuzione, ma anche alle possibilità di accesso stesso al lavoro stesso, così come al riconoscimento meritocratico delle qualità di una donna sul proprio posto di lavoro.
Durante le sue prime ore di vita il Governo guidato da Mario Draghi aveva fatto delle forti dichiarazioni, per voce del suo stesso Premier, che suonavano come un vero programma di governo sul tema.
Il neo Presidente del consiglio aveva infatti dichiarato che “L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo. Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro”.
In un Paese dove spesso le donne sono “svantaggiate in partenza” perché di fatto, al di là delle belle parole e degli altisonanti progetti per le “quote rosa” o per l’incentivo all’ imprenditoria al femminile, è obbligata a programmare un figlio in modo da “dare meno problemi possibili” ad un datore di lavoro, oppure a rinunciarvi, poiché si troverebbe ad essere marginalizzata a causa di esigenze organizzative relative ai propri figli (di salute oppure semplicemente perché la tata ha dato buca), oppure poiché dover affrontare l’impegno oneroso di una tata a tempo pieno si rivela una scelta totalmente antieconomica alla quale spesso è impossibile far fronte (in quanto la realtà ci presenta da tempo ormai una società che spesso non può più contare sui nonni troppo anziani o lontani, situazione tristemente aggravatasi a motivo della pandemia), occorrerebbe ripensare all’urgenza di un vero Welfare.
La possibilità di essere competitive non dovrebbe essere legata ad una concessione di un bonus da “farsi bastare” per assumere una babysitter che dia più tempo per dedicarsi per un tempo più congruo ad un progetto al fine di dimostrare le proprie capacità.
Come anche la richiesta di adeguare il proprio salario a quello di una figura professionale equiparabile ma ricoperta da un uomo, non dovrebbe essere neanche una “richiesta”.
Ci sono ancora poche donne manager, coordinatrici, caporeparto, direttrici operative, direttrici alle vendite e così via scorrendo nel variegato e ampio mondo del lavoro.
La struttura normativa e sociale che può sbloccare questo sistema che presenta delle falle evidenti.
Abbandonando ogni in questo caso sterile battaglia femminista, la richiesta è supportata dall’analisi dei dati di ritorno.
Dati aggiornati
Il periodo più duro per l’occupazione femminile sembra essere stato il lockdown iniziato a marzo 2020, ma la rilevazione del 14 giugno 2020 mostra che la variazione scende: a -2,9% sono gli uomini, mentre le donne sono al -4,8%. Non migliora la situazione rilevata al 31 luglio 2020, il divario si attesta stabile a -1,6% fra gli uomini e -3,1% fra le donne.
Considerando l’accesso alle nuove assunzioni, i primi nove mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si registra una riduzione del 26,1% dei nuovi contratti che hanno riguardato le donne a fronte di un calo del 20,7% per gli uomini neo assunti. Il dato più sconfortante è quello registrato al 30 settembre 2020: se per gli uomini risulta una crescita di 15 mila posizioni nuove, per le donne si registra un calo di 38 mila posizioni.
Il dato che tuttavia deve far riflettere maggiormente è quello sul recupero. Come abbiamo evidenziato, le donne sono la categoria ad aver registrato il minore numero di reingressi nel mercato del lavoro. Si pensi che sempre osservando i dati del 2020, solo il 42,2% delle donne ha goduto di questa possibilità al mese di settembre dello scorso anno.
La disparità tra le donne occupate e gli uomini occupati tuttavia va oltre la crisi post Covid-19. È connessa principalmente alla scelta della genitorialità da parte della donna ma non solo. Le donne occupate con figli e che vivono in coppia infatti sono solo il 53,5%, mentre l’83,5% sono gli uomini. Per i single la differenza si assottiglia sensibilmente ma permane. Sono 76,7% gli uomini in questa condizione occupati, mentre il 69,8% le donne.
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Le barriere
Ci sono barriere che sono addebitabili alle aziende e ai datori di lavoro in generale che tendono a creare un ambiente lavorativo escludente a causa di ragioni di mercato che fanno leva sull’anello più debole.
Come richiamato ci sono poi barriere create da gaps politici, generate dall’assenza di infrastrutture a sostegno delle madri lavoratrici e di misure di benessere sociale specifiche.
Infine ci sono le barriere culturali, che non permettono alla donna di mettersi in gioco in tutti gli ambiti lavorativi per meriti, laddove si trovi sempre costretta a dover dimostrare la sua volontà di “partecipare” ad una “competizione” per ottenere o consolidare una propria posizione.