Amore finito: è l’ora degli accordi. In presenza di figli prevale il principio di bigenitorialità con obbligo al mantenimento, ma non sempre
Il tema oggi discusso non è certo una novità.
Per l’attività forense dell’avvocato che si occupa di diritto di famiglia poi, è una sfida ricorrente.
Il campo d’azione è quello delle separazioni personali tra i coniugi e dei procedimenti per la cessazione degli effetti del matrimonio, ma anche unioni di fatto e la questione più in generale che oggi viene trattata è relativa alle unioni, ove sono nati dei figli.
La normativa di riferimento è l’art.337 ter del codice civile, che stabilisce che: “il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori.”.
Per quanto concerne la materia economica il Codice Civile postula che: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio. 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori. 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore. 4) le risorse economiche di entrambi i genitori. 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.”
La materia della quale ci stiamo occupando è il dibattimento in sede dei procedimenti richiamati all’inizio di questa trattazione delle condizioni dell’affidamento dei figli minorenni al momento del sopraggiungimento di una separazione tra i coniugi e successivo subentro di una cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Quanto appena richiamato, serve a capire quali siano i passaggi salienti che il giudice deve stabilire focalizzando come fondamentale e superiore interesse quello del minorenne stesso.
Sottolineiamo quindi, che secondo quanto di recente stabilito, si predilige una formula di affidamento condiviso che permetta una piena espressione della bigenitorialità, con l’ individuazione di uno dei genitori come effettivo collocatario, ove cioè fisicamente il minorenne risiederà e ove stabilirà la propria permanenza abitativa prevalente.
Questo principio, che viene preferito ove non si ravveda criticità nell’ effettuazione di tale scelta, rappresenta la decisione principale, alla quale debbano affiancarsi tutte le disposizioni riguardo al diritto di visita del genitore non collocatario, così come l’organizzazione dei periodi di vacanza da trascorrere con l’ uno o l’ altro genitore e quindi la disposizione di un assegno di mantenimento congruo a bisogni e tenore di vita del minore stesso, così come alle disponibilità economiche del genitore e al tempo che lo stesso trascorre con il figlio.
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Se in caso di coniugi, quindi di matrimonio, una volta proposto ricorso per dichiarare la separazione personale dei coniugi prima, sino poi ad arrivare alla pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio, la questione dell’affidamento dei minorenni, quindi le relative condizioni di tale affidamento, sono trattate contestualmente, nel caso di coppie conviventi non sposate, che procedono di fatto a separarsi, le condizioni di affidamento dei figli minori saranno trattate, previa proposizione di un ricorso presso il tribunale (congiunto oppure no), attraverso un provvedimento emanato da un giudice, che indicherà sia il tipo di affidamento deciso, sia le condizioni che questo postula, specificando come si articolerà il diritto di visita ma anche l’ammontare dell’assegno di mantenimento che dovrà corrispondere a titolo di mantenimento del minorenne presso l’altro genitore e la divisione delle spese straordinarie. Tali condizioni saranno obbligatorie da ottemperare (si rischia il penale!), salvo che non se ne richieda ed ottenga una modifica.
La modifica è spesso richiesta dalle parti interessate dall’obbligo, per sopraggiunte nuove condizioni ad esempio perdita del lavoro, nascita di un nuovo figlio e costituzione di un nuovo nucleo famigliare, aggravamento delle condizioni di salute del genitore oppure il raggiungimento di una piena emancipazione da parte del figlio (non il raggiungimento della maggiore età ma la capacità di autosostenersi autonomamente avendo compiuto la propria realizzazione).
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Le decisioni pronunciate seguono insomma, trovandosi in presenza di un minorenne o comunque di figlio non emancipato, la ratio dell’interesse superiore dello stesso, ovvero una tutela superiore del soggetto appena richiamato che supera ogni possibile discordanza normativa come principio al di sopra da meritevole di protezione da parte del diritto in ogni situazione.