La l. 313/2004 ha riconosciuto l’apicoltura come attività agricola di interesse nazionale utile per la conservazione dell’ambiente naturale, dell’ecosistema e dell’agricoltura in generale.
Ha come finalità, come si legge all’art. 1 della legge suindicata, quella di garantire l’impollinazione naturale e la biodiversità di specie apistiche, con particolare riferimento alla salvaguardia della razza di ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine.
La conduzione zootecnica delle api, denominata “apicoltura”, è considerata a tutti gli effetti attività agricola ai sensi dell’ art. 2135 del codice civile, anche se non correlata necessariamente alla gestione del terreno.
Il termine apicoltura è riservato esclusivamente alle aziende condotte da apicoltori.
Sono considerati prodotti agricoli: il miele, la cera d’api, la pappa reale o gelatina reale, il polline, il propoli, il veleno d’api, le api e le api regine, l’idromele e l’aceto di miele.
Il nettare, la melata, il polline e il propoli sono risorse di un ciclo naturale di interesse pubblico.
Apicoltore e imprenditore apistico
L’ art. 3 distingue l’apicoltore dall’imprenditore apistico.
Il primo è chiunque detiene e conduce alveari.
L’imprenditore apistico è colui che detiene gli alveari ai sensi dell’art. 2135 c.c., dunque come imprenditore agricolo.
Viene definito apicoltore professionista chiunque esercita l’attività di imprenditore apistico a titolo principale.
Limiti e divieti per i trattamenti. Competenza.
La legge demanda alle Regioni nel rispetto della normativa comunitaria vigente e sulla base del documento programmatico previsto dalla legge l’individuazione delle limitazioni e dei divieti cui sottoporre i trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api sulle colture arboree, erbacee, ornamentali e spontanee durante il periodo di fioritura, o in presenza di secrezioni extrafiorali di interesse mellifero stabilendo le relative sanzioni.
Denuncia
Al fine della profilassi e del controllo sanitario, chiunque detenga apiari e alveari ha l’obbligo di farne denuncia, anche per il tramite delle associazioni degli apicoltori operanti nel territorio, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, entro il 31 dicembre degli anni nei quali si sia verificata una variazione nella collocazione o nella consistenza degli alveari in misura percentuale pari ad almeno il 10 per cento in più o in meno.
Devono essere specificate la collocazione e il numero di alveari.
Chiunque intraprenda per la prima volta l’ attività nelle forme di cui all’articolo 3 è tenuto a darne comunicazione.
Le denunce e le comunicazioni di cui sopra sono indirizzate ai servizi veterinari dell’azienda sanitaria locale competente.
I trasgressori all’obbligo di denuncia o di comunicazione non possono beneficiare degli incentivi previsti per il settore.
Distanze per gli apiari
Il codice civile all’ art. 896-bis prevede le distanze minime per gli apiari .
Devono essere collocati a non meno di dieci metri da strade di pubblico transito e a non meno di cinque metri dai confini di proprietà pubbliche o private.
Il rispetto delle distanze di cui al primo comma non è obbligatorio se tra l’apiario e i luoghi ivi indicati esistono dislivelli di almeno due metri o se sono interposti, senza soluzioni di continuità, muri, siepi o altri ripari idonei a non consentire il passaggio delle api.
Tali ripari devono avere una altezza di almeno due metri. Sono comunque fatti salvi gli accordi tra le parti interessate.
Nel caso di accertata presenza di impianti industriali saccariferi, gli apiari devono rispettare una distanza minima di un chilometro dai suddetti luoghi di produzione.
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Sanzioni per il mancato rispetto della normativa sugli apiari
Per le violazioni delle disposizioni della legge n. 313/2004 e delle leggi regionali in materia, le regioni provvedono alla determinazione di sanzioni amministrative, fatta salva l’applicazione delle sanzioni per illeciti di natura tributaria di cui ai decreti legislativi 18 dicembre 1997, n. 471 e n. 472, e successive modificazioni, per le quali la competenza resta affidata agli organi statali.