Estetica: In Italia molti interventi di chirurgia plastica ed estetica sono a carico del paziente ma nel mondo già da anni sono un diritto
In Italia la chirurgia plastica ed estetica è quasi sempre a carico del paziente, salvo alcuni interventi che rientrano nel trattamento di alcune patologie riconosciute, ad esempio quelli di chirurgia ricostruttiva, atta a correggere le conseguenze lasciate da un incidente o una malattia(ad esempio il carcinoma mammario per la donna), oppure come avviene per patologie come la diastasi addominale riconosciuta (per altro di recente), come invalidante e svantaggiante.
Ma nel mondo invece già si considera un diritto “l’essere belli”. Si tratta di Paesi come ad esempio il Brasile, dove il ricorso alla chirurgia plastica e ai trattamenti di chirurgia estetica sono capillari e massivi, coinvolgono cioè ogni ceto sociale e non sono indirizzati solo agli scopi terapeutici strettamente intesi, come in Italia.
Ormai pioniere del sovvenzionamento pubblico dei “ritocchi”, il Paese del Carnevale più famoso del mondo, già dagli anni sessanta, grazie al padre della chirurgia plastica il chirurgo Ivo Pitanguy che si impegnò per la causa, garantisce l’accesso alla possibilità di farsi operare nel servizio pubblico, tramite le cliniche dove è lo Stato a pagare le spese per l’ ospedalizzazione e l’ intervento stesso.
Si potrebbe a questo punto ampiamente dissertare sulla qualità di queste pratiche, poiché analizzando tale realtà, si scopre che al bassissimo (o nullo) costo della prestazione, corrispondono rischi altissimi per la salute e per l’ integrità fisica (sono noti interventi che hanno creato deformità o infezioni); è tuttavia innegabile che l’accesso facilissimo a questo tipo di interventi ne incrementa l’utilizzo ormai ricorrente creandone un fenomeno culturale.
Ma è importante oggi accendere l’attenzione su un tema giuridico di rilievo innegabile.
Esiste un diritto del cittadino ad “essere bello”?
Come abbiamo detto in Italia l’orientamento è riconoscere la possibilità di essere preso in carico dal Servizio Sanitario Nazionale solo per interventi che “curano” un danno da patologia.
Considerando che nel 2021, le richieste dei trattamenti dei quali stiamo parlando sono aumentate del 67% rispetto al 2019 e del 130% rispetto al 2020 e che tale incredibile aumeto sembra pertanto essere strettamente legato alla crisi post pandemia e alle innumerevoli restrizioni personali che si sono dovute subire, creando un impatto psicologico di rilievo, si dovrebbe forse tenere in considerazione la possibilità di inserire l’accesso a trattamenti ed interventi estetici nella prestazione pubblica, garantita al fine di creare protocolli di “cura” psicologica e psichiatrica di malattia attinente a queste sfere. Insomma sentirsi belli o semplicemente a posto con se stessi potrebbe diventare un diritto del cittadino al fine di essere “guarito” dalla depressione o dal malessere psichico in generale.
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Inoltre potrebbe diventare, come per molti Paesi è già, un bisogno di “cura” sociale che garantisce la possibilità di emancipazione. Il tema è controverso, anche a causa della già critica situazione di risorse destinate al SSN, che ci è tristemente balzata agli occhi durante la pandemia.
Ma oggi che l’ Europa ci riserva delle risorse da stanziare anche alla Sanità, dietro precisi progetti e protocolli innovativi di tutto il sistema, il tema potrebbe tornare attuale.