Il reato “culturalmente motivato”: la convivenza nella diversità.

La categoria del reato culturalmente orientato, o culturalmente motivato, consegue al fenomeno dei flussi migratori ed alla c.d. globalizzazione che stanno caratterizzando da molti anni ormai l’Europa e l’Italia.

Il diritto penale con riferimento agli elementi integrativi delle fattispecie penali risente del periodo storico e del progresso e della evoluzione culturale nonché delle sensibilità diffuse.

Come definire il “reato culturalmente motivato”

I reati culturali sono diventati una realtà nella prassi giudiziaria europea ed italiana a seguito della convivenza con gruppi etnici minoritari che hanno portato insieme alla loro forza lavoro anche il loro bagaglio culturale differente.

La definizione della dottrina.

La dottrina ha definito il reato culturalmente motivato come quel “comportamento realizzato da un membro appartenente ad una cultura di minoranza, che è considerato reato dall’ordinamento giuridico della cultura dominante. Questo stesso comportamento , tuttavia all’interno del gruppo culturale dell’agente è “condonato” o accettato come comportamento normale, o approvato, o addirittura è sostenuto ed incoraggiato in determinate situazioni”.

Tale definizione viene riportata in F. Basile, Società multiculturali, immigrazione e reati culturalmente motivati (comprese le mutilazioni genitali femminili), in Riv. it. dir. e proc. pen., fasc.4, 2007, pag. 1296 , che richiama le parole di van Broeck, Cultural Defense and Culturally MotivatedCrimes (Cultural Offences)

Quali reati possono essere considerati come culturalmente motivati?

In tale categoria possono rientrare una serie di reati ritenuti gravi per il nostro comune sentire, ma ammessi o addirittura imposti dal gruppo culturale al quale appartiene il soggetto agente.
A titolo esemplificativo possono ritenersi tali i reati a difesa dell’onore, di riduzione in schiavitù a danno di minori, violenze in famiglia, mutilazione di genitali e tatuaggi ornamentali che lasciano cicatrici, in materia di stupefacenti, contro la libertà sessuale, ecc..

Che cosa deve considerare il Giudice quando si trova di fronte ad una ipotesi di reato culturalmente motivato?

La giurisprudenza della sezione penale della Cassazione ( Cass. n. 29613/2018), ha ribadito, sia pure con riferimento a diverse fattispecie, che occorre promuovere un approccio esegetico che abbia in considerazione il mutamento del costume e sentire sociale in continuo divenire.
Ciò in modo che le decisioni si mostrino come il prodotto di una “interpretazione contestualizzata in relazione al momento storico, più che una tralatizia ripetizione di concetti (il comune sentire; la pubblica decenza) ritenuti scontati e immutevoli” .

La sentenza richiama la nozione normativa di “pubblica decenza” sottolineando come la stessa sia stata esaminata e costantemente rivisitata alla luce dell’evolversi dei costumi sociali e del comune senso del decoro e della decenza, dovendosi ricostruire per i casi in cui la norma penale imponga la valutazione di elementi integrativi tratti dal comune sentire sociale, che la interpretazione si evolva conformemente ai principi di “civiltà ed elasticità giuridica”.

La categoria dei reati culturalmente orientati, tutt’altro che uniforme nella casistica, potrà essere valutata dall’interprete solo sulle premesse dell’attento bilanciamento tra il diritto, pure inviolabile, del soggetto agente a non rinnegare le proprie tradizioni culturali, religiose, sociali, ed i valori offesi o posti in pericolo dalla sua condotta.

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Al tempo stesso al fine di valutazione l’incidenza della matrice culturale sulla consapevolezza dell’agente, dovrà essere valutata la natura della norma culturale in adesione alla quale è stato commesso il reato, se di matrice religiosa, o giuridica e del carattere vincolante della norma culturale.

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Si può parlare di scriminante “culturale”?

Va escluso certamente che si possa parlare di “scriminante culturale” in termini di causa di esclusione dell’antigiuridicità del fatto .
La motivazione culturale, invece, va considerata a seconda del caso concreto nell’ ambito dell’elemento soggettivo.
Assumono dunque rilievo tutti gli aspetti soggettivi dell’imputato e il tempo della sua presenza sul territorio dello Stato al momento della commissione dell’illecito.