Whatsapp e Telegram: piena prova nei procedimenti penali e civili

Anche i messaggi, le fotografie e le riproduzioni audio scambiate su applicazioni come Telegram e Whatsapp possono formare piena prova in ambito di procedimenti penali e civili

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Tali tipi di messaggi sono dei documenti informatici, dato che contengono “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (art.1, lettera p) del D. Lgs 7 marzo 2005 n.82, d’ora in poi CAD), va aggiunto altresì che a norma dell’art. 46 del Regolamento n.910/2014 (Regolamento eIDAS), “A un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica”. In tema di valore probatorio, a norma dell’art.20 del CAD, i documenti informatici non firmati oppure firmati con una firma elettronica semplice (cioè una firma elettronica diversa dall’avanzata, dalla qualificata, dalla identificata e dalla digitale), “sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità”, e assumendo l’efficacia ex art.2712 del Codice civile, in tema di riproduzioni meccaniche. In sostanza quindi, i messaggi scambiati via Whatsapp o Telegram “formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime” (art.2712 del Codice civile).

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La Suprema Corte di Cassazione si è inoltre occupata della validità di tali messaggi e dell’equiparazione degli stessi a prova del fatto in ambito penale statuendo che le conversazioni fanno piena prova del fatto descritto solamente se le medesime vengono riprodotte all’interno del dispositivo che le conserva.

In conseguenza di questo principio, enunciato sia nell’anno 2017 che nell’anno 2018, occorrerà produrre in giudizio il cellulare od il dispositivo dal quale le conversazioni sono state estrapolate in quanto la sola stampa di screenshot o la trascrizione delle chat non fornisce al giudice della prova della genuinità e corrispondenza a quanto presente sullo smartphone.