Green Pass, dal 6 agosto cambia tutto: cosa e chi ci autorizza al ristorante

Dal 6 agosto 2021 entra in vigore l’obbligatorietà di esibire il Green Pass per l’ accesso ai ristoranti che ospitano i clienti in area al chiuso

Una norma che dovrebbe rispondere all’esigenza di tutelare la salute pubblica evitando una nuova drammatica “ondata” di fine estate/autunno

La decisione del nuovo Decreto n.105 Legge pubblicato il 23 luglio 2021, ricorre all’ introduzione del Green Pass, la Certificazione Verde di “via libera” attuata per contrastare la diffusione del Covid-19, obbligatorio in determinati ambienti tra i quali bar e ristoranti che offrono un servizio al tavolo in luogo chiuso.

La Certificazione si potrà ottenere:

  • Successivamente all’inoculamento almeno della prima dose vaccinale Sars-CoV-2 (per la prima dose dei vaccini che ne richiedono due, la Certificazione sarà generata anche contestualmente alla somministrazionee avrà validità a partire dal 15° giorno fino alla dose successiva).
  • Successivamente alla guarigione dall’infezione da Sars-CoV-2, comprovata da Certificazioni che hanno una validità di 6 mesi;
  • oppure se si effettua un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-CoV-2 e che ha una validità di 48 ore.

L’applicazione alla ristorazione di queste norme ha creato non poche discussioni, facendo emergere le preoccupazioni che accompagnano gli operatori del settore, per via di una ripresa appena iniziata appesa a fili fragilissimi di una rete di turismo interno (ma non solo), esploso grazie alla sicurezza mostrata dall’ Italia per la sua estesa e ben sostenuta campagna vaccinale.

Si applica unicamente per il servizio al tavolo in aree al chiuso ma non per il servizio al banco dei bar.

A chi spettano i controlli

Secondo il decreto i controlli della validità del Pass esibito, spetterebbe proprio al gestore/titolare o all’incaricato dallo stesso al controllo. Secondo quanto pubblicato in Gazzetta infatti, non resterebbero dubbi a riguardo. La figura dei “verificatori” viene infatti trattata dall’ art. 13, che postula anche come alla verifica della certificazione sia importante il controllo della corrispondenza dell’ identità, si legge infatti: “all’atto della verifica dimostra a richiesta dei verificatori la propria identità personale mediante l’ esibizione di un documento di identità”.

Anche su questo punto insorge la categoria sottolineando che non si possa delegare loro una funzione che doveva essere propriamente affidata ai pubblici ufficiali.

Come si verifica la certificazione nelle attività di ristorazione

Per un primo momento probabilmente le certificazioni saranno verificate con l’esibizione del modello cartaceo, ma è in atto la realizzazione di un sistema innovativo di verifica. Si tratta della App VerificaC19, che il Ministero della Salute ha ideato per rendere più certo e anche rapido l’esito del controllo. L’app funzionerà tramite la scansione del QRcode delle certificazioni e presenterà una spunta verde in caso sussista validità e rossa in caso di Pass non validi o scaduti.

Problemi di privacy

Con l’introduzione dei sistemi appositi per la verifica, si pone un importante problematica di adeguamento alla vigente normativa sulla protezione dei dati personali europea, transitando appunto tramite l’App dati personali dei soggetti da verificare.

La questione deve essere curata dai gestori dei sistemi insieme con gli esperti. Pertanto non si sa se si potrà contare su questi già dal 6 agosto.

Le sanzioni

Sono previste sanzioni per chi viola le regole; da 400 a 1000 euro a carico sia dell’esercente sia dell’utente, qualora si ripetessero in 3 giorni diversi, allora l’esercizio in questione potrebbe chiudere da 1 a 10 giorni.

Nessun obbligo per titolari, gestori e dipendenti

Ancora nessun obbligo previsto per i lavoratori del settore. La questione, complessa a causa di questioni sindacali annesse (e diritti delicati), è rimandata.

Questioni di legittimità costituzionale

La nostra Costituzione garantisce all’art. 32 la libertà di ciascun individuo di scegliere se essere sottoposto oppure no ad un trattamento sanitario.

Tuttavia la tutela volge non solo all’ individuo ma anche alla collettività. Ed è proprio qui che, nella misura in cui un trattamento sanitario sia in virtù di una valutazione bilanciata, fondamentale per la tutela della collettività oltre che dell’individuo stesso che lo riceve, può diventare obbligatorio, come anche sostenuto ne 2018 dalla Corte Costituzionale: non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri».

Il principio come appena detto è proprio quello del bilanciamento. La libertà di scelta deve, in virtù di una opportuna e comprovata valutazione, soccombere alla salute pubblica laddove sia essa stessa minacciata dal diniego del singolo di ricevere il trattamento.

Allo stesso modo ogni libertà personale garantita all’individuo dallo stesso testo costituzionale, non può sovrastare la necessità di eliminare la minaccia per la salute pubblica.

Questo principio di bilanciamento viene declinato pertanto secondo un principio di ragionevolezza e basato su altri princìpi come la solidarietà, la responsabilità e la tutela del bene collettivo che costituiscono l’impianto decisionale del Decreto di questi giorni.

Quanto appena trattato però incontra una domanda pragmatica, che potrebbe essere la domanda comune di questi giorni, ovvero quali siano state le valutazioni tecniche che hanno reso necessaria una obbligatorietà che invoca il principio di salute collettiva all’art.32.

Occorrerebbe infatti basare la valutazione della necessità di Pass obbligatorio sulla certezza di avere vaccini efficaci e sicuri e un oggettivo pericolo di peggioramento collettivo dallo stato attuale con circa il 62% di vaccinati almeno in prima dose.