Il diritto del figlio con genitore assente a vedersi riconosciuto il danno

Genitore assente e danno: Il matrimonio impone ad ambedue i genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli (art. 147 c.c.). La Norma infatti prevede “ Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’art. 315 bis”.

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Il figlio ha, quindi, diritto al mantenimento da parte dei genitori, ma anche a quell’assistenza morale e a quegli insegnamenti che gli consentono di sviluppare la sua personalità il più possibile in sintonia con le sue inclinazioni e aspirazioni. Per espressa disposizione costituzionale (art. 30) gli stessi obblighi di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza gravano anche sul genitore naturale che non abbia riconosciuto il figlio. Infatti, l’art. 30 Cost. prevede È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.” L’articolo in sostanza ha parificato i diritti dei figli nati all’interno e all’esterno del matrimonio.

Successivamente, la riforma del diritto di famiglia del 1975 ha poi assimilato del tutto la posizione dei “figli naturali” , ossia quelli concepiti fuori dal matrimonio, che in passato venivano definiti “illegittimi”, a quella dei “figli legittimi” e ha circoscritto l’impossibilità per i genitori di effettuare il riconoscimento degli stessi in un solo caso, ossia nel caso di figli incestuosi. A maggior ragione, pertanto, gli stessi obblighi gravano sul genitore che sia rimasto semplicemente “assente”, cioè di fatto si sia sottratto all’adempimento dei suddetti obblighi senza alcuna ragione (Cass. 14382/2019).

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E’ il caso, purtroppo ricorrente, in cui uno dei genitori, che sia il padre o una madre, sia rimasto assente nella vita del figlio, senza alcuna ragione, venendo meno ai suoi obblighi.

Sia ai doveri materiali, di stampo puramente economico, sia morale, di istruzione e guida, nonché conforto del minore.

Il disinteresse del genitore nei confronti del figlio costituisce, in primo luogo, una grave violazione degli obblighi genitoriali, così come sanciti dalle norme codicistiche, tra le quali quelle contenute nell’art. 315 bis c.c.: “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni (…) ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti”; nell’art. 316 bis c.c. secondo il quale “i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo”: norme entrambe richiamate dagli artt. 147 e 148 c.c..

La relativa obbligazione si collega allo “status” genitoriale ed assume, di conseguenza,  decorrenza dalla nascita del figlio.

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Il disinteresse del genitore, oltre a costituire una grave violazione degli obblighi genitoriali, incidendo su beni fondamentali della persona – si può pensare a tutti i problemi di tipo economico e psicologico che può derivarne -, integra anche un illecito civile come fatto generatore di responsabilità aquiliana cd. endofamiliare e che determina la risarcibilità dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c.

La voce di pregiudizio in esame sfugge però a precise quantificazioni in moneta e, pertanto, si impone la liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c.In merito alla quantificazione in concreto, in caso di danno endofamiliare da privazione del rapporto genitoriale, può essere applicato, come riferimento liquidatorio, la voce ad hoc prevista dalle tabelle giurisprudenziali adottate dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano.