Immobile privo di certificato di agibilità: vendita di aliud pro alio e causa di risoluzione contrattuale

La mancanza del certificato di agibilità è causa di risoluzione contrattuale

Ti sarà capitato di leggere sul tuo contratto di compravendita frasi come “ la parte alienante si impegnava a richiedere il certificato di agibilità ai sensi degli artt. 24 e 25 DPR 380/2001” oppure “ la parte alienante si impegnava ad ottenere il certificato di agibilità ai sensi degli artt. 24 e 25 DPR 380/2001” Ebbene, quando ciò è indicato nell’atto di compravendita, quella assunta da parte del venditore è una vera e propria obbligazione e, qualora non mantenuta, dovrà essere oggetto di una lettera di diffida e messa in mora e, nel caso di perdurante inadempimento, di un atto per la risoluzione contrattuale.

Infatti, come  tale, questo costituisce un obbligo contrattualmente assunto e normativamente disciplinato dall’art. 1477 c.c., poiché il certificato di agibilità è  un documento relativo all’uso della cosa venduta, tale da comportare, in ipotesi di sua assenza, la risolubilità del vincolo contrattuale. La mancata consegna del certificato di agibilità è infatti stata ricondotta, da un costante orientamento giurisprudenziale, alla categoria dell’aliud pro alio. In proposito si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22941/17, per la quale “il difetto del certificato di abitabilità, risolvendosi nella mancanza di un requisito giuridico essenziale, configura un’ipotesi di vendita di aliud pro alio. In ragione di ciò il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilità e la violazione di tale obbligo può pertanto legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, con conseguente restituzione di quanto versato, sia quella di risarcimento del danno”.

Seguendo il sopraesposto ragionamento della Suprema Corte, allora, la sola mancanza del certificato di agibilità sarebbe idonea a legittimare la richiesta di risoluzione del contratto di compravendita, nonché l’eventuale risarcimento del danno, quale ad esempio la richiesta di restituzione degli importi versati per l’Agenzia Immobiliare, per il Notaio, per il mutuo, etc, oltre chiaramente alla restituzione del prezzo versato. Sembra opportuno a questo punto chiarire che il concetto di agibilità ricomprende tutti i controlli e le verifiche attinenti alla sicurezza dell’immobile, primi fra i quali quelli attinenti alla igiene e alla salubrità dello stesso e degli impianti in esso installati, oltre che alle condizioni qualitative dell’edificio come pure alla statica dello stesso, valutata alla luce di indagini a carattere geognostico (v. relazione al T.U.), che, ai sensi dell’art. 24 del T.U. , vengono attestate dal certificato di agibilità.

In definitiva il certificato di agibilità attesta la capacità del bene immobile di assolvere alla funzione economico-sociale cui lo stesso è destinato, assicurandone al contempo il legittimo godimento e la commerciabilità.

Se, quindi, la cosa compravenduta non è abitabile, poiché presenta “difetti” che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale, allora si è verificata un’ipotesi di consegna aliu pro alio.

Per giurisprudenza consolidata, invero, (Cass. civ. Sez. II, 6 luglio 2011, n. 14899) la vendita di un immobile privo delle caratteristiche idonee a permettergli di conseguire il certificato di agibilità, in quanto non rispettoso delle norme di edilizia e di igiene, integra la prestazione di aliud pro alio che abilita l’acquirente a chiedere la risoluzione del contratto ai sensi della normativa generale di cui agli artt. 1453 e seg. c.c., tenuto conto che solo in tal caso la res venduta deve ritenersi del tutto inidonea ad assolvere alla sua destinazione economico-sociale e, quindi, a soddisfare in concreto le esigenze che hanno determinato l’acquirente a contrarre, con ogni conseguenza in ordine agli effetti retroattivi e restitutori della relativa pronuncia tra le parti. Fermo quanto sopra, è indiscutibile che, nel caso di in cui il venditore si sia impegnato a consegnato o a conseguire tale certificato e non lo faccia, si tratti comunque di inadempimento contrattuale, il che porterebbe ad una ridotta commerciabilità dell’immobile ed al risarcimento del danno.

Infatti, nel caso in cui la mancanza di tale certificato non venisse considerata un’ipotesi di inagibilità assoluta, l’acquirente avrebbe comunque diritto, stante l’inadempimento del venditore, contrattualmente assunto  e comunque normativamente disciplinato dall’art. 1477 c.c., al risarcimento dei danni subiti per la ridotta commerciabilità del bene.

Invero resta inteso che il venditore di un bene immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di dotare tale bene della licenza di abitabilità, senza la quale esso non acquista la normale attitudine a realizzare la sua funzione economico – sociale. In proposito la Supra Corte ha chiarito che “la mancata consegna della certificazione attestante l’agibilità implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, può comunque essere fonte di un danno risarcibile configurabile anche nel solo fatto di aver ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilità (Cass. Civ. n. 9253/206; Cass. Civ. n. 8880/2000).

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Sulla stessa scia Cass. Civ. 23157/13, per la quale “l’inadempimento all’obbligazione di consegna del certificato di agibilità è ex se foriero di danno emergente, perché costringe l’acquirente a provvedere in proprio ovvero a ritenere l’immobile tal quale, cioè con un valore di scambio inferiore a quello che esso diversamente avrebbe, a prescindere dalla circostanza che il bene sia alienato o comunque destinato all’alienazione a terzi”. In tal caso, si ritiene allora che il danno debba essere commisurato alla spesa da sostenere per l’effettuazione dei lavori eventualmente necessari a rendere l’immobile formalmente e sostanzialmente agibile, e sempre che il valore degli stessi non superi il valore dell’immobile.