Contratto agrario: le norme sul Contratto di affitto di un terreno agricolo

Il contratto agrario: è disciplinato dalla legge n. 203 del 1982 e tutela maggiormente l’affittuario

Dopo un lungo e allarmante abbandono dei terreni agricoli, da alcuni anni si fa sempre più strada un nuovo e crescente interesse per l’agricoltura, soprattutto biologica, interesse che in alcuni casi è anche conseguenza della pesante crisi economica e lavorativa dell’ultimo decennio, ulteriormente aggravatasi a causa della pandemia da Covid-19. È così che recentemente stanno tornando prepotentemente in voga le stipule dei contratti agrari.

DURATA E PATTI IN DEROGA

La legge di riferimento per il contratto agrario è la n. 203 del 1982, la quale prevede una durata contrattuale non inferiore a 15 anni e non superiore a 30 in caso di stipula senza assistenza sindacale delle parti, mentre, in caso in caso di patti in deroga, con l’assistenza sindacale delle parti, è possibile determinare una durata del contratto inferiore ai 15 anni, ma mai per meno di un anno o, comunque per una durata inferiore alla durata minima che consenta di completare il ciclo biologico della coltura che si intende praticare nel terreno oggetto di contratto.

Un’eccezione sulla durata del contratto agrario, che può essere ridotta a 6 anni, è costituita dalla locazione di terreni montani con finalità di alpeggio o in caso di terreni agricoli ubicati nelle comunità montane. Il contratto di affitto agricolo si rinnova automaticamente alla scadenza, salvo disdetta di almeno un anno da comunicarsi all’altra parte a mezzo raccomandata A/R o posta certificata. La legge 203/82 prevede una tutela preponderante dell’affittuario, attribuendo a quest’ultimo il diritto di recesso incondizionato ed in ogni momento, semplicemente comunicando la disdetta un anno prima della scadenza dell’annata agraria.

Il proprietario del fondo invece, può esercitare il diritto di recesso solo ed esclusivamente un anno prima della scadenza dell’annata agraria con la disdetta sopra menzionata. In ogni caso, qualunque deroga alle disposizioni normative, può essere attuata con patti ai quali devono assistere le rispettive organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale, pena la nullità dell’accordo in deroga.

LA RISOLUZIONE: per il proprietario può avvenire solo per grave inadempimento, in ipotesi tassative, dopo almeno un’annualità di canone non pagato e dopo la contestazione dei motivi

 

In caso di risoluzione del contratto, il legislatore pone una maggiore tutela a favore dell’affittuario, infatti, stabilisce all’art 5. comma 2 della legge 203/82 che “la risoluzione del contratto di affitto a coltivatore diretto può essere pronunciata nel caso in cui l’affittuario si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale”, con evidente differenza rispetto alle normali locazioni per le quali la risoluzione è invece legittimata ex art. 1455 c.c. se è “di non scarsa importanza”.

Nello stesso comma il legislatore indica anche le ipotesi tassative in cui la risoluzione può essere chiesta dal proprietario, stabilendo che la risoluzione può chiedersi se l’affittuario si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale “particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone, alla normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relative, alla instaurazione di subaffitto o di subconcessione.

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La risoluzione non può inoltre avvenire senza che il proprietario abbia prima comunicato al conduttore le contestazioni, infatti, ai sensi dell’art. 5, il locatore “prima di ricorrere all’autorità giudiziaria, è tenuto a contestare all’altra parte, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’inadempimento e ad illustrare le proprie motivate richieste. Ove il conduttore sani l’inadempienza entro tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione, non si dà luogo alla risoluzione del contratto”.

La volontà del legislatore di proteggere il lavoro agricolo dell’affittuario si manifesta anche laddove stabilisce all’ultimo comma dell’art. 5 che “la morosità del conduttore costituisce grave inadempimento ai fini della pronunzia di risoluzione del contratto ai sensi del secondo comma del presente articolo quando si concreti nel mancato pagamento del cannone per almeno una annualità”.

In ogni caso, ai fini della risoluzione, stabilisce il legislatore nell’ultimo comma dell’art. 5 che: “è sempre applicabile il terzo comma dell’art. 2 della legge 9 agosto 1973 n.508” secondo cui “non può essere dichiarata la risoluzione del contratto per morosità qualora l’affittuario, convenuto in giudizio, dimostri un credito per somme pari o superiori all’importo del canone non pagato, versate a qualunque titolo, durante il corso del rapporto , o per le spese fatte ai sensi del primo coma dell’art. 16 della legge 11 febbraio 1071 n.11.

L’EQUO CANONE AGRARIO: UN VUOTO NORMATIVO DAL 2002

contratto agrarioLa modalità di determinazione del canone di affitto dei contratti agrari è sempre stata stabilita dal legislatore.

Tuttavia, gli articoli 9 e 62 della L. 203/82, i quali indicavano le modalità di determinazione del c.d. equo canone agrario, sono stati dichiarati illegittimi dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 318/2002 in quanto inidonei a rappresentare le caratteristiche dei terreni perché basati sui redditi dominicali risultanti dal catasto del 1939.

In seguito alla sentenza del 2002 però, nessuna legge è intervenuta a colmare il vuoto normativo, pertanto, in attesa di un intervento legislativo, la determinazione del canone di affitto agrario è rimesso alla contrattazione dei privati, i quali, al fine di evitare contestazioni successive alla stipula, potranno procedere ai sensi dell’art. 45 L. 203/82 con l’assistenza delle organizzazioni di categoria e rispettando parametri quali: posizione del terreno, produttività, numero di piante esistenti, quantità di prodotto ottenuto per ogni ettaro, irrigabilità del terreno, unica titolarità del terreno.

Inoltre, per l’adeguamento dei canoni, è prassi consolidata fare riferimento al coefficiente di rivalutazione stabilito dalla commissione tecnica provinciale in riferimento all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

TIPOLOGIE DI CONTRATTI AGRARI

contratto agrarioAccanto al contratto agrario tipico costituito dall’affitto di fondo rustico, devono essere menzionate altre tipologie contrattuali di cui la legge 203/82 ha vietato la nuova stipulazione e la conversione di quelli eventualmente stipulati, consentendo però la sopravvivenza di quelli stipulati anteriormente, poi prorogati dal legislatore e giunti fino ad oggi.

Si tratta dei contratti di natura associativa quali la Mezzadria, la Colonia Parziaria e la Soccida. Il contratto di Colonia Parziaria è previsto all’art. 2164 del Codice Civile che così recita: “è il contratto agrario con cui il concedente e uno o più coloni si associano per la coltivazione di un fondo e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di dividerne i prodotti e gli utili”.

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Il contratto di Mezzadria è previsto all’art. 2141 del Codice Civile che così recita: “nella mezzadria il concedente ed il mezzadro, in proprio e quale capo di una famiglia colonica sia associano per la coltivazione di un podere e per l’esercizio delle attività connesse al fine di dividerne a metà i prodotti e gli utili. È valido tuttavia il patto con il quale taluni prodotti si dividono in porzioni diverse

Il contratto di Soccida, tipico dell’allevamento di bestiame, è previsto all’art. 2141 del Codice Civile che così recita: “nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano. L’accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto”. Il codice prevede tre tipi di soccida, quella semplice (art.2171 c.c.), quella parziaria (art. 2182 c.c.) quella di conferimento di pascolo (art. 2186 c.c.).