Violenza ostetrica: quali sono i diritti della gestante

Violenza ostetrica: non è sempre connessa alla violenza fisica ma anche a tutti quei comportamenti tesi a sminuire il ruolo della donna

Il concetto di “violenza ostetrica” è ancora poco conosciuto in Italia e coinvolge piani, oltre che strettamente giuridici, anche psicologici, morali e sociali.

Con questo termine vengono indicate delle fattispecie, ancora non tipizzate, che consistono in fatti, comportamenti od omissioni i quali tendono a minare la serenità della donna che sceglie di mettere o di non mettere al mondo un figlio.

Può configurarsi violenza ostetrica ogni comportamento teso a non far abortire una donna oppure ogni azione tesa a consigliare cure eccessive alla gestante durante la gravidanza. I motivi sottesi a questa pratica sono molteplici e vanno ricercati nella continua evoluzione delle figure professionali che ruotano intorno alla donna che sceglie di diventare o non diventare madre.

A volte l’utilizzo eccessivo di cure, di visite ostetriche, di ecografie, di sottoscrizioni di consensi informati, è dettato dalla generalizzata sfiducia che il personale medico ha sviluppato nei confronti della “paziente”, la quale, soprattutto nelle grandi strutture ospedaliere, viene a volte vista come fonte di eventuale responsabilità medica.

La violenza ostetrica è un concetto che si sta sviluppando in questi ultimi anni grazie a campagne di sensibilizzazione sui trattamenti medici.

La violenza ostetrica viene vista come “violenza di genere” in quanto la gravidanza viene molto spesso trattata come una “malattia” e non come un processo naturale che ha permesso la riproduzione della specie umana per migliaia di anni.

In alcuni casi, giuridicamente rilevanti, la violenza ostetrica sfocia in fattispecie tipizzate dall’ordinamento giuridico, laddove la partoriente viene maltrattata verbalmente oppure alla stessa, senza previa sottoscrizione dell’apposito consenso informato , vengono applicati trattamenti medici ritenuti a posteriori non essenziali o non funzionali al parto.

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In tutti questi casi, le neomamme potranno segnalare quanto occorso alla Direzione dell’ospedale, alla sezione del Tribunale del Malato dell’ospedale di riferimento e alla Direzione generale dell’ASP, esponendo lo svolgimento dei fatti occorsi e potranno altresì tutelare i propri diritti ed i diritti del neonato anche nelle sedi giudiziarie, mediante denuncia o mediante proposizione di un’azione di natura civile.